martedì 6 luglio 2010
L’esponente del Pdl è accusato dei reati di appropriazione indebita per 400mila euro e di ricettazione per altri 600mila euro, nell’ambito della vicenda Bpi-Antonveneta. Rinuncia al legittimo impedimento e chiede il rito abbreviato incondizionato.
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Tanti saluti e grazie. Parole non dette in Parlamento, ma davanti al giudice. Sì perché Aldo Brancher si è dimesso da ministro e lo ha fatto direttamente in Tribunale. Una novità assoluta, nel delicato rapporto tra politica e giustizia, che da anni caratterizza il dibattito interno nazionale. Gesto che sicuramente scatenerà una nuova coda polemica.E proprio così, ieri mattina, Brancher, da oggi ex ministro, ma sempre deputato per il Popolo della libertà, è andato davanti al giudice monocratico di Milano (pare in accordo con il premier Silvio Berlusconi) e ha detto: «Mi dimetto da ministro. È una decisione irrevocabile». Una rinuncia, quindi, come spiegato dallo stesso uomo di punta del Pdl, all’uso del legittimo impedimento. Opzione questa, che una volta ventilata, a poche ore dal giuramento come ministro, aveva generato un moto di protesta, anche all’interno della maggioranza, con un ministero – prima al Federalismo, poi al Decentramento e alla Sussidiarietà – che nel giro di soli 17 giorni ha esaurito la sua funzione.Al giudice monocratico Annamaria Gatto, Brancher ha chiesto di essere giudicato con rito abbreviato incondizionato, che viene celebrato a porte chiuse, senza testimoni e solo su prove documentali. E che dà diritto a uno sconto di un terzo della pena.Una resa arrivata attraverso una dichiarazione spontanea resa in aula, appunto durante il processo sul tentativo di scalata ad Antonveneta, da parte di una cordata riconducibile alla Banca popolare di Lodi e che vede Brancher imputato, insieme alla moglie per appropriazione indebita e ricettazione in relazione a somme pari a circa 1 milione di euro ricevute da Giampiero Fiorani, allora numero uno di Bpl. Brancher ha spiegato i motivi per i quali ha voluto rinunciare al legittimo impedimento. Per difendere la famiglia «affinché finiscano strumentalizzazioni e speculazioni». Al giudice Gatto ha detto ancora: «Le anticipo la mia decisione di dimettermi da ministro e la mia presenza è un segno di rispetto per il tribunale. Sono qui a difendere la mia innocenza», ha concluso l’ormai ex ministro, che al termine dell’udienza ha lasciato il tribunale da una porta laterale, senza rilasciare dichiarazioni. La sentenza definitiva dovrebbe arrivare già per il 28 di questo mese.Al processo sulla scalata all’Antonveneta, Aldo Brancher e la moglie sono imputati per 420mila euro di appropriazione indebita, incassati tra il dicembre e il novembre del 2003 grazie a plusvalenze su azioni Tim e Autostrade che, stando all’accusa, vennero manovrate dai vertici della Popolare di Lodi per favorire la coppia. Poi per altri circa 600mila euro, tra il 2001 e il 2005, per cui è stata contestata la ricettazione, consegnati, secondo l’accusa, a Brancher dallo stesso Fiorani o da qualche suo collaboratore.
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