mercoledì 28 febbraio 2024
La Fidal ufficializza a World Athletics la rinuncia all'edizione 2027 (andrà a Pechino) per le non arrivate garanzie dell'esecutivo su 85 milioni di costi. L'atto d'accusa dell'assessore Onorato
Lo stadio Olimpico e lo stadio dei Marmi nel complesso del Foro Italico

Lo stadio Olimpico e lo stadio dei Marmi nel complesso del Foro Italico - Ansa

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Le ristrettezze del bilancio statale si fanno sentire ancora una volta nel mondo sportivo. Così Roma (ri)scopre che il grande evento "non s’ha da fare" e si consola con gli Europei del prossimo giugno. Dopo le Olimpiadi 2024 della discordia, con l’ex sindaca M5s Virginia Raggi finita sotto accusa per il sonoro no (ma in realtà anche l’ex premier Monti aveva rifiutato il sostegno alla corsa per il 2020), pure i mondiali di atletica del 2027 prendono un’altra direzione (Pechino): mancano i “requisiti minimi”, scrive la federazione guidata da Stefano Mei nella lettera di rinuncia inviata al presidente di World Athletics, l’ex atleta Sebastian Coe, e in copia al capo della Commissione di valutazione, il finlandese Antti Pihlakoski.

Servivano subito le garanzie economiche, ma non è mai arrivato l’impegno dell’esecutivo Meloni sugli 85 milioni di euro di costi (su un totale di circa 130). E così la Fidal ha preferito sfilarsi. Ma il governo non ci sta a questa ricostruzione e proprio attraverso il ministro per lo Sport, Andrea Abodi, chiarisce: «Abbiamo fatto tutto il possibile, a novembre 2023 abbiamo chiesto alla Fidal un business plan, che forse sarebbe servito ben prima ed è stato presentato il 24 gennaio. Con tutta la buona volontà, in una fase così delicata per il Paese è risultato impossibile trovare le garanzie pubbliche necessarie». E il passo indietro inevitabilmente si tira dietro qualche polemica. Se ne fa interprete l’assessore allo Sport del Comune guidato dal dem Gualtieri, Alessandro Onorato: «Meloni è come Raggi, il no ai mondiali da parte della premier e di Abodi ha un precedente: il no alle Olimpiadi della Raggi. L’ennesima occasione persa per lo sport e per la Capitale». Parla di «schiaffo» anche la presidente dell’Assemblea capitolina, Svetlana Celli. Qualcuno ipotizza uno slittamento al 2029 per l’appuntamento iridato, ma per ora resta la ferita della rinuncia.

A inizio febbraio il “n. 1” federale aveva lanciato la volata alla candidatura che il campione olimpico Gianmarco Tamberi aveva definito «un sogno». All’Italia serviva appunto la lettera di garanzia dello Stato per poter battere il “colosso” cinese. «Con il supporto del governo ci saranno grandissime possibilità», aveva detto Mei. Poi c’erano stati un incontro definito «positivo» al Mef e il cauto ottimismo di Malagò (Coni). E il 23 febbraio Abodi aveva inviato alla Fidal la documentazione per procedere, ma evidenziando la necessità di un passaggio in Parlamento per poter formalizzare le garanzie richieste. Insomma, la volontà ci sarebbe stata, ma alla fine tutto è stato vano.

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