venerdì 30 agosto 2019
Il premier incaricato ha incontrato delegazioni separate del centrodestra, a seguire i colloqui con Pd e pentastellati, ma la strada per il Conte bis è in salita. I dem: ultimatum M5s inaccettabili
Giuseppe Conte durante una pausa delle consultazioni di stamani con i partiti del centrodestra (Ansa)

Giuseppe Conte durante una pausa delle consultazioni di stamani con i partiti del centrodestra (Ansa)

COMMENTA E CONDIVIDI

Si torna su una strada in salita per il Conte bis. Il secondo giorno di consultazioni del premier incaricato non porta con sé grandi scossoni, rispetto alla posizione che i partiti maggiori hanno già espresso alcuni giorni fa al Quirinale. Davanti a Giuseppe Conte sfila il centrodestra, con delegazioni separate e senza il leader di Fdi Giorgia Meloni e quello della Lega Matteo Salvini, il Pd di Nicola Zingaretti e il Movimento Cinque Stelle con il capo politico Luigi di Maio. Ma è con Pd e M5s che il ragionamento del premier Conte si fa più lungo e più approfondito. Il segretario dem Nicola Zingaretti, incontrando i giornalisti nella sala della Regina al termine dell’incontro durato quasi un’ora, ha ricordato che i dati Istat appena pubblicati «confermano la necessità di una svolta e l’esigenza di aprire quella che lo stesso presidente incaricato ha chiamato una nuova stagione politica per il Paese», che parte secondo il Pd dal «taglio delle tasse sui salari medio-bassi», sugli investimenti in sanità quantificabili in 10 miliardi, sulla sicurezza urbana su cui ora si è vista solo «propaganda» e sulla formazione gratuita per le famiglie con redditi medio bassi. Il responsabile del Pd, che spiega di non aver parlato con Conte di squadra di governo, chiede poi al premier incaricato di recepire le indicazioni del Colle sul dl sicurezza.

Un incontro, filtra da Palazzo Chigi, nel quale non si sono affrontati i nodi della composizione del governo. «Non era quella la sede». E durante il quale Conte ha ascoltato, preso nota e si è riservato di fare entro domenica una sintesi da rivedere poi insieme. Forse nella giornata di lunedì. Insomma, il premier non avrebbe preso impegni. Se non quello, a quanto viene riferito, si tornare all'impostazione iniziale dei decreti sicurezza, raccogliendo le indicazioni del Colle.

Nel successivo e più breve colloquio con i grillini poi, il capo politico M5s ha consegnato al premier un programma in 20 punti. Tanto che poi, uscendo Di Maio ha spiegato che «o si realizzano i punti del nostro programma o non si va avanti». Un ultimatum letto dai dem quasi come un passo indietro nella volontà di formare un governo con il partito di Zingaretti. Ci sono infatti, per Di Maio, dei «punti imprescindibili», a partire dal taglio dei parlamentari, no a qualsiasi forma di patrimoniale, stop all'aumento dell'Iva, mettere mano ad una riforma sul conflitto di interesse e l'ambiente che non è «uno slogan o un like ai post di Greta Thunberg». in più sul decreto sicurezza, toccato anche dai democratici con il premier, per M5s «non ha senso parlare di modifiche, ma è giusto ascoltare i rilievi di Mattarella senza toccare la ratio», per il Pd invece i decreti sicurezza «vanno abrograti». Infine, sottolinea, «i partiti devono rimanere fuori dal totoministri» ed è certo che «Conte saprà fare sintesi». Dunque la strada si fa ancora in salita. Ecco perché il capogruppo dem alla Camera Graziano Delrio «parla di ultimatum inaccettabili di Di Maio».

La mattinata di colloqui era iniziata con le delegazioni del centrodestra. Fratelli d’Italia condurrà «un’opposizione senza sconti», rispetto ad una «operazione politica che sotto il profilo politico ripugna». A ribadirlo il capogruppo al Senato, Luca Ciriani, e il vicecapogruppo alla Camera, Tommaso Foti, dopo l’incontro con il presidente del Consiglio incaricato Conte. È un «governo dal punto di vista politico inaccettabile - ha spiegato Ciriani - perché si fonda su un’alleanza di partiti che si sono combattuti e insultati fino all’altro giorno». Fratelli d’Italia perciò continua sulla linea portata avanti dal primo giorno della crisi: la richiesta del voto e di un governo (di centrodestra) subito.

Anche la Lega si presenta senza i big, assente sia Salvini che i capigruppo di Camera e Senato. La posizione del partito, invece, viene espressa dai due sottosegretari uscenti del governo ormai dimissionario giallo-verde Lucia Borgonzoni e Claudio Durigon. La Lega ha espresso l’augurio che «non si trovino i voti e si torni alle urne» sottolineando che il premier incaricato ha garantito che difenderà le riforme fatte, tuttavia «si è detto pronto a modifiche» dei provvedimenti del precedente esecutivo, «ma non ha detto quali». Infatti, lamentano i due parlamentari sottolineando che né i presidenti di commissione alla Camera, né quelli al Senato si dimetteranno, «non siamo riusciti a capire quale sarà l’indirizzo del presidente». Di qui l’appello di Claudio Durigon perché «si fermi il mercimonio in atto facendo mancare i numeri» sulla fiducia a palazzo Madama.

A seguire Conte ha incontrato gli esponenti di Forza Italia, con Silvio Berlusconi che ha accusato il Carroccio di avere «consegnato il Paese alla sinistra», ha ribadito il «dissenso» per la decisione di non andare al voto e ha parlato di un progetto politico «fragile e inadatto a risolvere i problemi». Ecco perché Forza Italia continua a credere che «solo il centrodestra vero e nuovo rappresenterebbe la vera maggioranza degli italiani, con idee, programmi e persone per condurre il Paese fuori dalla crisi». E per questo bisogna ridare piena «cittadinanza alla destra democratica non sovranista».


© Riproduzione riservata
COMMENTA E CONDIVIDI

ARGOMENTI: