venerdì 14 ottobre 2011
Oggi il voto. La soluzione sul rendiconto di bilancio: «Chiedo scusa per l’incidente. Abbiamo pronto un nuovo disegno di legge con un unico articolo, che ripartirà dal Senato».
Lega, sono 47 quelli da espellere
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La cornice è surreale. L’aula semivuota. Le opposizioni assenti. I radicali arrampicati nell’ultima fila in alto a sinistra, affacciati su una marea di poltrone vuote. Berlusconi si piazza al centro della scena, sorride, accoglie come manna gli applausi preventivi, rassicura le truppe fibrillanti: «Io sono qui». Per smontare tutte le ipotesi che gli ronzano nell’orecchio: «Non faccio passi indietro, nessuno di buon senso penserebbe che un governo tecnico possa affrontare questa crisi». E ancora: «Senza di me non c’è un’alternativa credibile, il voto anticipato non è la soluzione». Qualcuno, anche in casa, storce la bocca? E allora si ricordi la regola aurea del bipolarismo: «Se non c’è la fiducia si va al voto, i governi non li fanno le caste».Ascoltando il premier sembra che la prospettiva di arrivare al 2013 «per fare le riforme», pur sempre valida e prioritaria, sia stata derubricata da certezza ad auspicio, come da giorni sottolinea Bossi. I due sono ancora uniti, e si vede. Umberto, visibilmente stanco, sbadiglia una, due, tre, sette, ben 12 volte. Silvio se ne accorge, e quando nomina la riforma dell’assetto istituzionale, comprensiva di bicameralismo imperfetto e Senato federale, gli passa la mano tra i capelli. Come a dire «sarà la tua vittoria». Il Senatur incassa e ringrazia: «Il governo ci sarà anche domani sera, Berlusconi mi ha convinto. Ha detto quello che la gente voleva sentire». Con Tremonti invece rimane la distanza, anche fisica. Per gran parte della seduta li divide una poltrona vuota. E si ironizza: «È quella di Bankitalia».E la sintonia Pdl-Lega si ritrova a sera anche sulle intercettazioni. Una riunione a Palazzo Chigi, presenti Gianni Letta e il ministro della Giustizia Nitto Palma, sancisce che il relativo ddl non è accantonato, bensì dovrà passare entro novembre il vaglio della Camera. Sarà ritoccato, ma su di esso non sarà posta la fiducia. Ma torniamo all’aula della mattina: «Chiedo scusa per l’incidente di martedì», mette le mani avanti Berlusconi. «Incidente», niente di più, niente a che vedere con la coesione della maggioranza. Poi legge la soluzione tecnica alla grana-rendiconto che gli ha trovato lo staff di costituzionalisti di Brunetta: un nuovo ddl, composta da un solo articolo e con allegate le tabelle del vecchio testo, che riparte dal Senato. Una via d’uscita possibile, lo ammette, grazie a un Napolitano «impeccabile», capace di «stimolare la politica senza fare politica». Un passaggio firmato Gianni Letta, anche se desta qualche perplessità nei pontieri tra palazzo Chigi e Quirinale quel binomio sfiducia-urne anticipate che priverebbe il Colle delle sue prerogative.Poi passa alla politica. Il perno è l’impraticabilità di soluzioni alternative a lui. Una battuta: «Le opposizioni sono divise su tutto, anzi... sono sparite». Evidente riferimento all’Aventino scelto da Fli, Udc, Pd e Idv. Poi le attacca frontalmente includendole nel partito italo-europeo dei «declinisti-catastrofisti-speculativi». «Sono uniti solo dall’antiberlusconismo, pensate che rispedirebbero indietro la lettera della Bce. Sfregiano il Paese, sanno solo scatenare contro di me campagne di inusitata violenza. Ma non farò il capro espiatorio, non mi farò lapidare».Fin qui i suoi approvano. Poi arriva il momento più atteso, quello sulle misure economiche. Il punto è che Berlusconi non è riuscito a far spostare Tremonti dalla linea del "costo zero", e così deve limitarsi a prudenti messaggi in codice: «Ci stiamo lavorando. Il rigore, senza crescita, ci fa rischiare la stagnazione». Per di più, assume pari pari il credo del Tesoro sull’attuale crisi finanziaria: «Arriveremo al pareggio di bilancio. Ma il punto è che l’Europa ha una testa politica piccola». E ancora: ci vorrebbero gli eurobond. È il punto debole del suo discorso, che forse non mina il voto di fiducia però mantiene tutte le ombre sul futuro. Conclude con una stoccata alla Marcegaglia («Affronti il tema della contrattazione»), con la riforma del fisco e con le due misure-madre, per l’architettura istituzionale (con dimezzamento dei parlamentari e Senato federale) e la giustizia (su quella penale «taccio per amor di patria»).Venti minuti per chiedere la fiducia numero 51. Il dibattito procede stanco. Il Pdl attacca Fini sulla gestione della Giunta per il regolamento. La Lega parla degli slot chiesti da Singapore airlines su Malpensa (in serata otterranno l’ok di Matteoli). Così, gli unici a segnalare il problema politico interno alla maggioranza sono i "responsabili": «Silvio, non è stato solo un incidente, liberati dai cortigiani, fai la legge elettorale. Altrimenti...». E il premier mangia la foglia: «Sono disposto a colloqui personali».
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