mercoledì 28 febbraio 2024
Nate come protesi mediche, queste armature indossabili dall'aspetto futuristico, in grado di svolgere le operazioni manuali più faticose, mettendo al riparo i lavoratori, sono arrivate in fabbrica
L'esoscheletro di una startup milanese

L'esoscheletro di una startup milanese - © Filippo Manfroi

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Finora certe cose le avevamo viste soltanto nei film di fantascienza: supereroi in grado di sollevare automobili o bracci estensibili capaci di afferrare oggetti a lunga distanza. Ora invece azioni simili diventano la normalità, anche sulle linee di assemblaggio industriali, nei magazzini della logistica, negli istituti sanitari o nei centri di smistamento merci. Tutto grazie ad armature dall’aspetto futuristico, gli esoscheletri, corazze che proteggono i lavoratori da eventuali infortuni e li assistono nelle operazioni manuali più faticose. Prima si sono diffusi in ambito medico, dove vengono utilizzati per aiutare i pazienti a recuperare la mobilità di parti del corpo colpite da malattie o incidenti. Poi, dagli ospedali, gli esoscheletri sono arrivati in fabbrica. Oggi sempre più lavoratori li indossano sopra la divisa per caricare e scaricare merci senza sovraffaticarsi oppure per spostare e appendere oggetti pesanti.

Gli esoscheletri si agganciano al corpo per mezzo di cinture, bretelle o spallacci, a seconda del modello: ne esistono una decina, sviluppati in base ai mestieri e ai gesti che devono agevolare. Alcuni supportano i muscoli delle gambe per sollevare pesi da terra, altri alleggeriscono il carico della schiena e del collo oppure facilitano soltanto il gesto di mani e dita nell’afferrare oggetti. Per sostenere gli sforzi i dispositivi usano due metodi: gli esoscheletri passivi sfruttano un sistema di molle per accumulare e rilasciare energia; quelli attivi invece funzionano grazie a un piccolo motore elettrico che regala una spinta aggiuntiva.

La ricerca degli esoscheletri occupazionali – così si chiamano le protesi destinate ai lavoratori – corre veloce soprattutto in Europa, dove l’età dei lavoratori va inesorabilmente alzandosi, e anche in Italia a svilupparli sono già tre aziende. Una di queste è Agade, startup fondata nel 2019 da tre giovani ingegneri al termine di un progetto di ricerca tra il dipartimento di Ingegneria meccanica e quello di Bioingegneria del Politecnico di Milano. «Il nostro esoscheletro si chiama Agadexo Shoulder – ci spiega Davide Martinelli –, serve a scaricare il peso da braccia e spalle. Abbiamo implementato una piccola intelligenza artificiale che, comunicando via bluetooth con sensori contenuti nei bracciali indossati dal lavoratore, è in grado di capire quando il muscolo è in tensione e di attivare il motore per fornire una spinta solo quando è necessario. Da fine 2023 il nostro modello è in sperimentazione sulle linee industriali della Brembo e nell’azienda di logistica Clo. Le industrie manifatturiere e catene di produzione sono le destinazioni di maggior impiego degli esoscheletri: attualmente, infatti, molte delle operazioni richieste nel settore non possono essere automatizzate o delegate a robot ma devono essere fatte a mano dagli operai che, alla lunga, rischiano complicazioni muscolari e scheletriche».

Gli esoscheletri promettono di dare una mano proprio su questo fronte e potrebbero dunque candidarsi a innovativo dispositivo di protezione individuale. Per ora esistono pareri positivi dei lavoratori che lo hanno provato, ma non studi scientifici su larga scala che ne dimostrino l’efficacia nella riduzione degli infortuni sul lavoro e delle malattie professionali. La tecnologia, d’altronde, è giovane e ancora di nicchia (anche perché il prezzo di ogni pezzo va dai 2 ai 15mila euro), ma sembra proprio che in futuro gli esoscheletri occupazionali potranno essere indossati anche fuori dalle fabbriche: tra le professioni al centro della ricerca figurano infermieri e badanti che con protesi esterne dotate di maniglie potrebbero sollevare più agevolmente gli anziani che assistono. In Italia Comau e Iuvo, aziende del Gruppo Stellantis, hanno sperimentato i loro esoscheletri sui lavoratori che spostano carichi per la Compagnia Portuale di Livorno ma mirano a supportare anche veterinari, allevatori e agricoltori, seguendo una formula già testata la scorsa primavera durante la potatura degli ulivi nel Chianti.

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