sabato 10 giugno 2023
I funerali della mamma e del suo bimbo oggi a Sant'Antimo in Campania. Sul fronte delle indagini gli inquitenti sono alla caccia di elementi per dimostrare la premeditazione
L’omaggio a Giulia e Thiago

L’omaggio a Giulia e Thiago - Fotogramma

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I funerali di Giulia Tramontano e Thiago, il bimbo di 7 mesi che portava in grembo, si celebrano oggi a Sant’Antimo, in provincia di Napoli, dove la donna uccisa a Senago è nata e dove vivono i genitori. Le esequie, in forma strettamente privata, nella parrocchia di Santa Lucia, sono celebrate da don Salvatore Coviello, parroco di Sant’Antimo che 29 anni fa la battezzò e che ha parlato di «duplice omicidio: quello di Giulia e di un bambino, Thiago».

Per oggi è stato proclamato il lutto cittadino sia a Sant’Antimo che a Senago dove Giulia viveva ed è stata assassinata. Nel paese alle porte di Milano, è stato sospeso il palio dei quartieri.

Dopo i primi esiti dell’autopsia rimangono ancora da accertare fino in fondo i movimenti di Alessandro Impagnatiello prima e dopo il femminicidio, anche per escludere che il barman sia stato aiutato da qualcuno nell’occultamento del cadavere. Dalle telecamere gli investigatori stanno ricostruendo tutti i suoi spostamenti.

Da verificare la cronologia, che Impagnatiello ha fornito ai carabinieri del Nucleo Investigativo e della compagnia di Rho, sugli spostamenti che ha fatto con il corpo della compagna uccisa (dal box alla cantina, dalla cantina al bagagliaio, e dall’auto al vano a 400 metri da casa in cui è stato trovato). L’autopsia, che non è stata in grado di definire l’ora del decesso a causa dei tentativi di bruciare il corpo, chiarirà però per quanto tempo il cadavere è rimasto all’aperto. Dalle copie forensi di telefono, pc e tablet gli investigatori cercano altri elementi utili oltre a quelli raccolti: contatti, dialoghi, ricerche sul web. «Disconnettere dispositivi», «uscire da Whatsapp» «veleno per topi umani», «pulire bruciature vasca».

Da chiavi di ricerca come queste, recuperate nella cronologia e risalenti a prima del femminicidio, la pm Alessia Menegazzo e la procuratrice Aggiunta Letizia Mannella hanno contestato la premeditazione (aggravante respinta dal gip). Gli esami tossicologici serviranno a verificare se l’uomo abbia anche provato ad avvelenare la compagna: nello zaino di Impagnatiello è stata trovata una confezione di topicida (oltre a una latta di benzina usata per bruciare il corpo).

Le «almeno 37 coltellate» riscontrate nell’autopsia rendono invece pressoché scontata la contestazione dell’aggravante di crudeltà. Si cerca ancora il telefono di Giulia, che Impagnatiello ha detto di aver buttato in un tombino insieme alle carte e alla patente, invece ritrovate), ma che potrebbe essere stato nascosto. Carte e documento andavano fatti sparire per la messa in scena.

Anche il cellulare serviva ad Impagnatiello allo stesso scopo: ma doveva tenerlo sotto mano per controllare le reazioni alle storie che raccontava, e non gettarlo. Sotto un certo aspetto l’indagato ha fatto sfoggio di plateale ingenuità, come quando, con lo stesso cappellino da baseball che indossava in tutte le foto che 24 ore dopo giravano ovunque, è andato a comprare un carrellino portaoggetti dal ferramenta di Senago (se un negozio ne vende uno in un anno è tanto). E infatti il negoziante si è ricordato del cappello, anche se non ha riconosciuto il volto.

Per altri aspetti il barman ha invece dimostrato di essere abilissimo nei depistaggi. Come quando ha programmato l’invio di messaggi con Gmail e Whatsapp tre giorni dopo l’uccisione di Giulia. Dovrà infine essere risentita la 23enne inglese collega e legata sentimentalmente a Impagnatiello, che il barman avrebbe potuto eliminare, se lei gli avesse aperto la porta quando se l’è trovato sotto casa la notte dopo aver ucciso la compagna e il bambino che aspettava.
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