sabato 25 gennaio 2014
​Lo ha denunciato il presidente della Corte d'appello di Milano Giovanni Canzio nella relazione inaugurale dell'anno giudiziario. Il riferimento è ai processi sul caso Ruby.
Anno giudiziario, appello per l'indulto
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Parla di "gogna mediatica" e "minacce" il presidente della Corte d'appello Giovanni Canzio nella relazione inaugurale dell'anno giudiziario per indicare le "sommarie e ingiuste accuse di parzialità" a cui sono stati sottoposti i giudici che si sono occupati dei processi sul caso Ruby.Canzio non nomina mai il nome dell'ex presidente del Consiglio Silvio Berlusconi, ma il riferimento è specifico quando spiega che l'imparzialità di tali magistrati è stata dimostrata dalla "Corte di Cassazione, la quale, nel respingere la richiesta di rimessione di quei procedimenti ad altro distretto, motivata sul dubbio di una pregiudiziale prevenzione e parzialità dell'intero organo giudicante milanese, ha scrutinato la 'lampante infondatezza' della richiesta e ha sottolineato il 'commendevole impegno professionale del collegio', profuso 'nel pieno rispetto dei diritti processuali delle parti', al fine di definire i processi in tempi ragionevoli".Il presidente, dunque, ha rivolto "parole di apprezzamento e di gratitudine, per il profondo senso del dovere e di appartenenza all'istituzione dimostrato, a quei giudici i quali sono stati oggetto di sommarie e ingiuste accuse di parzialità e mancata serenità di giudizio, sol perché funzionalmente investiti della definizione di taluni procedimenti a forte sovraesposizione mediatica per lo spiccato rilievo politico e sociale che li caratterizzava. Alle immotivate censure, agli attacchi personali, al dileggio strumentale, talora alla infamante gogna mediatica e alle minacce cui sono stati sottoposti, quei giudici hanno saputo rispondere con sobrietà, umiltà, riservatezza, adoperando le armi della giurisdizione e continuando a giudicare con imparzialità al solo servizio della giustizia e dello Stato".Canzio ha poi aggiunto di essere "convinto che i giudici milanesi non intendono fregiarsi di questa storica decisione come di una sorta di perenne attestato, acquisito una volta per tutte, bensì, forti della fiducia accordata, rinnovare il giuramento di fedeltà ai principi costituzionali che presidiano la giurisdizione".
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