martedì 22 gennaio 2013
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Non ci sono riferimenti a partiti e leader. L’Azione cattolica ha scelto, per le elezioni del 24-25 febbraio, di offrire ai cittadini contenuti e temi sui quali misurare i programmi delle coalizioni. E per il presidente dell’associazione, il campano Franco Miano, non poteva essere altrimenti: «Ho trovato stucchevole il dibattito sull’endorsement del mondo cattolico a questa o quella parte politica. L’Ac e l’associazionismo cattolico in generale hanno un patrimonio di idee e valori che ha come fine il bene comune, il bene di tutti e di ciascuno. Un patrimonio che non può essere strumentalizzato o piegato ad interessi di parte».Quali sono i punti forti del documento redatto dall’Ac?Tra i tanti ne cito tre. Il primo è il connubio strettissimo tra questione sociale ed etica della vita: le disuguaglianze che questa crisi ha accentuato non possono essere risolte se non si assume come valore principale il primato della persona e della vita umana. Il secondo è la richiesta di una prioritaria attenzione a giovani e famiglie. Le campagne elettorali sono sempre ricche di slogan su questi temi, ma di fatti se ne sono visti davvero pochi, troppo pochi, negli ultimi anni. È arrivato il momento di una svolta per un fisco che favorisca la natalità e la creazione di occupazione. Il terzo elemento è il richiamo ad un lavoro condiviso per cambiare le istituzioni perseguendo trasparenza, riduzione dei costi, efficacia e una maggiore democraticità. Una misura ci sta particolarmente a cuore insieme ad una nuova legge elettorale: il limite ai mandati parlamentari, un modo rigoroso per garantire l’alternanza e il diritto di scelta dei cittadini.Tra le pieghe della nota c’è una fotografia dell’Italia uscita dalle cure dei tecnici...Si. Ed è una fotografia che riconosce quanto sia stato necessario rimettere i conti in ordine e riportare un po’ di sobrietà della scena pubblica. Tuttavia, si sottolinea come il rigore possa essere percepito come ingiusto se non accompagnato da una nuova agenda sociale.Nemmeno un leader o un partito citato. Sono tutti uguali?L’Ac, per sua natura, non dà indicazioni di voto. Però abbiamo lanciato un messaggio chiaro: no all’astensione, no alla protesta o all’indignazione fine a se stessa. E soprattutto invitiamo a discernere proposte e persone, a non fare di tutta l’erba un fascio. Personalmente, credo che sia possibile distinguere chi ha assunto con maggiore serietà l’impegno del rinnovamento e chi no, chi mette al centro i contenuti e la situazione del Paese e chi invece propone solo slogan. I cittadini devono assumersi la responsabilità di questa scelta, e soprattutto ciascuno di noi deve cambiare il suo modo di vivere la cosa pubblica: mai più deleghe, servono partecipazione e un controllo severo delle classi dirigenti.Un indicatore per questo "discernimento"?Mai come questa volta contano le liste. È una raccomandazione che vale doppio per chi come me vive in una terra segnata dalla malavita e dall’illegalità diffusa. Conta il modo in cui le liste sono state formate, i mondi coinvolti, la credibilità e le storie delle persone. Dobbiamo diventare esigenti, altrimenti anche l’indignazione rischia di diventare una sorta di ipocrisia. "Turarci il naso" ci è costato troppo negli ultimi anni, e soprattutto costa ai nostri figli. Dobbiamo vivere queste elezioni come la possibilità di stipulare un nuovo patto di corresponsabilità tra politica e cittadini.I programmi e le proposte politiche non si misurano anche dai valori di riferimento?Certo. E il Consiglio nazionale è stato molto netto. Come si può pensare di ridurre le disuguaglianze e risanare le povertà se non si assume come principio inderogabile la tutela della vita dal principio alla fine? E come si può costruire un nuovo tessuto sociale se non si parte dalla famiglia riconosciuta dalla Carta? Noi chiediamo un dialogo sincero tra credenti e non credenti su questi temi, chiediamo di mettere da parte ideologie e strumentalizzazioni per pensare al bene concreto delle persone.
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