venerdì 1 marzo 2019
L’allarme di Save the children sul linguaggio dell’odio. Il 90% degli studenti testimone degli attacchi in classe. Solo uno su 20 chiede aiuto agli insegnanti
Il codice a barre è il simbolo della campagna di Save the children contro le discriminazioni. Gli insulti più frequenti sono quelli contro gli omosessuali (o presunti tali). A seguire, i “grassi” e i “rom”

Il codice a barre è il simbolo della campagna di Save the children contro le discriminazioni. Gli insulti più frequenti sono quelli contro gli omosessuali (o presunti tali). A seguire, i “grassi” e i “rom”

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Etichette: «Sei di colore», «sei islamica», «sei povero », «sei gay». Appiccicate e poi trasformate in violenza, stigma, emarginazione. Succede a 3 minori su 5 in Italia, soprattutto a scuola, dove il 90% degli studenti delle superiori è stato testimone diretto di comportamenti discriminatori nei confronti di amici e compagni.

Ecco un altro male di cui soffre il nostro Paese, fotografato da un sondaggio diffuso in occasione della Giornata internazionale contro le discriminazioni del prossimo 21 marzo da Save the Children – l’organizzazione che da 100 anni lotta per salvare i bambini a rischio e garantire loro un futuro – e realizzato su più di 2.000 studenti e studentesse di scuole secondarie di secondo grado in tutta Italia grazie al sostegno dell’Invalsi. Il 61% di questi ragazzi ha subìto direttamente situazioni di discriminazione dai propri coetanei. Tra questi, il 19% ha dichiarato di essere stato emarginato ed escluso dal gruppo, mentre il 17% è stato vittima di brutte voci messe in giro sul proprio conto, il 16% deriso e 1 su 10 ha subito furti, minacce o pestaggi. Tra chi ha subito discriminazioni, il 32% ha scelto di rivolgersi ai genitori, un altro 32% ha preferito parlarne agli amici, mentre un significativo 31% non si è rivolto a nessuno. È rimasto completamente solo, con la sua sofferenza.

Da sottolineare, poi, come solo 1 intervistato su 20 abbia scelto di rivolgersi agli insegnanti: un dato che assume ancor più peso se si pensa che proprio la scuola si configura, secondo i risultati dell’indagine, come il luogo principale (45% dei casi) dove gli studenti assistono a discriminazioni nei confronti dei loro compagni di pari età, seguita dal contesto della strada (30%) e – altro dato significativo – dai social (21%). Le persone omosessuali sono quelle che corrono maggiormente il rischio di essere discriminate secondo l’88% degli studenti intervistati. Seguono le persone di origine rom e quelle grasse (entrambi all’85%), le persone di colore (82%), di religione islamica (76%), i poveri (71%), quelle con disabilità (67%), gli arabi (67%), gli asiatici e gli ebrei (53% per entrambi).

Dall'indagine emerge anche come sia complesso combattere gli stereotipi proprio perché sono difficili da stanare e perché, a volte, si tende a giustificare o sminuire le proprie azioni o quelle commesse da altri. Così quasi il 13% dei ragazzi intervistati risponde che «picchiare i compagni di classe odiosi significa solo dargli una lezione», quasi 1 su 5 pensa che «ai ragazzi non importa essere presi in giro perché è un segno di interesse» mentre 1 su 3 ritiene «giusto maltrattare qualcuno che si è comportato come un verme».

Per rispondere a questa emergenza è nata la campagna 'Up-prezzami', realizzata nell’ambito del progetto "GenerAzione- insieme contro gli stereotipi di genere", con il contributo del Dipartimento per le Pari Opportunità della presidenza del Consiglio dei Ministri. Immagine simbolo, un codice a barre, che rappresenta proprio le etichette con cui si giudicano gli altri in modo superficiale, limitandosi al loro aspetto esteriore: un simbolo che tutti sono chiamati a condividere sui social utilizzando l’hashtag #UPprezzami e sfidando i propri amici e familiari a postare foto e video disegnandosi un codice a barre sulla guancia. L’iniziativa ha l’obiettivo di accendere i riflettori su un tema che riguarda da vicino i giovani e di cui si parla troppo poco: «La discriminazione esiste ed è pericolosa, fa male a tutti, a chi discrimina e a chi è discriminato. Dobbiamo smettere di chiudere gli occhi, smettere di trovare scuse, di dirci che sono scherzi tra ragazzi, che c’è una giusta motivazione – scrivono nel loro manifesto i giovani di Sotto-Sopra, il movimento di oltre 400 ragazzi e ragazze tra i 14 e i 22 anni nato proprio in seno a Save the Children –. È per questo che serve l’impegno di tutti noi e, in particolare, chiediamo l’aiuto del mondo della scuola perché è lì che, per la metà dei ragazzi intervistati, si consuma la discriminazione». I giovani di SottoSopra si sono cimentati per la prima volta, con il supporto di esperti, nella costruzione di tutta la campagna di sensibilizzazione, dalla scelta degli slogan fino alla realizzazione di un video in cui ciascun giovane viene letteralmente imprigionato in uno scatolone che rappresenta lo stigma di cui è vittima. Per far sì che nessun altro lo diventi più.



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