martedì 14 febbraio 2017
Il sindaco vuole sgomberare e le madri hanno paura. Don Catalano (Caritas diocesana): «Era tutto pronto, ora dobbiamo ricominciare»
Ghetto, dopo l'ordinanza i bimbi rom non vanno più a scuola
COMMENTA E CONDIVIDI

«Ci siamo recati nella scuola di Borgo Mezzanone, per verificare come procedessero le lezioni con i piccoli rom provenienti dal Ghetto bulgaro, ma appena arrivati sul posto ci siamo accorti che nelle aule c’erano solo le quattro operatrici. I bambini e le mamme non si sono presentati». Così, don Francesco Catalano, direttore della Caritas Diocesana di Foggia- Bovino, che ieri mattina voleva visitare la scuola dei figli dei braccianti, ma non li ha trovati. «Temo che questo sia l’effetto collaterale della recente notifica dell’ordinanza di sgombero – dice il sacerdote –. Adesso dobbiamo fare il possibile per non distruggere ciò che con molta fatica siamo riusciti a costruire. Mi riferisco soprattutto al rapporto di fiducia che si sta instaurando attraverso l’attività di mediazione culturale». Sabato mattina, alcuni agenti della polizia municipale del Comune di Foggia hanno notificato agli abitanti della baraccopoli sita in Borgo Tressanti, nota come il Ghetto dei bulgari, l’ordinanza di sgombero. I rom avranno dieci giorni di tempo per abbandonare quell’area, in caso contrario si procederà con lo sgombero coattivo. La notizia ha subito allarmato le mamme che hanno scelto di non portare i bambini a scuola, nel timore che gli assistenti sociali potessero portarglieli via. «Era tutto pronto per cominciare le lezioni – continua don Francesco –. Siamo andati al campo e, dopo qualche ora passata assieme, ci sono apparsi più distesi. Speriamo che tutto possa ricominciare senza problemi».

Tuttavia il testo dell’ordinanza è stato redatto e consegnato soltanto in italiano, senza la necessaria traduzione in lingua bulgara. Quindi totalmente incomprensibile da parte dei diretti interessati. «Al momento della notifica non erano presenti sul posto nemmeno i traduttori – dichiara Tonio Scopelliti, presidente dell’associazione Solidaunia e medico volontario presso il ghetto –. L’atto è stato firmato inconsapevolmente da tre o quattro cittadini bulgari. Verificheremo se vi siano gli estremi per impugnare l’ordinanza dinanzi al Tar». In questi giorni, Anolf-Cisl e Solidaunia stanno cercando di individuare delle soluzioni abitative da destinare ad alcune famiglie rom, in particolare a quelle che hanno aderito al progetto di prima scolarizzazione. Ma i canoni di locazione risultano proibitivi, generalmente vengono richiesti all’incirca 400 euro mensili, troppi per un bracciante che guadagna quattro euro all’ora. La comunità di Emmaus ha messo a disposizione circa 4mila euro, che dovrebbero essere sufficienti a pagare l’affitto di un immobile per un anno. Nel frattempo si stanno visionando le abitazioni di Posta Angeloni, un antico raggruppamento di case, in località Borgo Tressanti, dove risiedono prevalentemente stranieri che lavorano nei campi. «Le associazioni di volontariato agiscono inseme, ma sono sole. Al contrario gli Enti locali, le Fondazioni, l’Anas e Ferrovie dello Stato si sono trincerate nel silenzio – commenta ancora Scopelliti –. Mi dispiace che ci siano ancora troppi pregiudizi e tanta diffidenza circa le comunità dei rom di origine bulgara. Sarebbe necessario che alle nostre riunioni in prefettura, si presentassero anche i datori di lavoro, coloro che sfruttano i braccianti. Se questa gente fosse assunta con un regolare contratto non ci sarebbe tutta questa reticenza nel dare loro una casa in affitto».

© Riproduzione riservata
COMMENTA E CONDIVIDI

ARGOMENTI: