sabato 1 agosto 2020
Alla vigilia dell'inaugurazione, emergono limiti della procedura d'urgenza: curve troppo strette, insufficiente trasparenza amministrativa. Le macchie nel curriculum di Rina spa che dirige i lavori
Ultime lavorazioni e rifiniture sulla struttura del nuovo ponte di Genova San Giorgio Ex Ponte Morandi, che verra' inaugurato Lunedi 3 Agosto. Nella foto, il ponte con il vecchio gasometro che dovrebbe essere demolito perché' pericolante.

Ultime lavorazioni e rifiniture sulla struttura del nuovo ponte di Genova San Giorgio Ex Ponte Morandi, che verra' inaugurato Lunedi 3 Agosto. Nella foto, il ponte con il vecchio gasometro che dovrebbe essere demolito perché' pericolante. - Fotogramma

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Ricostruire in emergenza richiede un atto di fiducia da parte dei cittadini contribuenti. Che va ricompensato con uno sforzo di trasparenza e responsabilità sociale. Nella storia del nuovo Ponte di Genova suscitano qualche interrogativo alcune apparenti anomalie che - non c'è dubbio - avranno una spiegazione logica. Al momento, però, non reperibile in nessun documento pubblico.

L'urgenza, com'è noto, ha già prodotto un viadotto rettilineo - esattamente come il ponte Morandi - con due curve di immissione a raggio stretto, come quelle vecchie di prima del crollo. Curve che richiederanno probabilmente limiti di velocità assai poco autostradali: 80 km / h verso Genova, addirittura 70 km / h verso Savona, come ha scritto il 18 luglio il Sole 24 ore. Ma non è l'unica anomalia dettata dall'urgenza.


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I metri di lunghezza della «Nave» di acciaio e cemento disegnato da Renzo Piano

Nella fase di committenza dei lavori colpisce ad esempio che Rina - la holding con sede a Genova che ha vinto la direzione dei lavori e il controllo di qualità sull'esecuzione di demolizione e ricostruzione - sia stata convocata alle ore 18 del 30 novembre per le negoziazioni sull'offerta, scelta dal commissario (risultati dal decreto 11/2018 del 30 novembre). E che la negoziazione si sia conclusa nella stessa serata (afferma il decreto 13/2018 del 5 dicembre), cioè chiudendo in pochissime ore la discussione su un compenso per Rina pari al 5,65% del totale del progetto, con un limite massimo di 14 milioni. Ci vorranno invece cinque mesi per negoziare un altro incarico, da 376mila euro con la società Contecko Check srl, per i controlli tecnici preventivi e in corso d'opera. Una spiegazione ci sarà, ma al momento non è dato conoscerla.

Non solo i limiti di velocità (assai poco autostradali)
tra i dubbi che sorgono a pochi giorni dal taglio del nastro:
anomalie nei tempi di negoziazione delle offerte e mancanza di dati sul sito dedicato

La "Procedura negoziata senza previa pubblicazione del bando", adottabile in casi di emergenza, lascia ampi poteri discrezionali al commissario, individuato nel sindaco di Genova. Ma la semplificazione non esime la stazione appaltante dall'adempiere a tutti i presìdi richiesti in ogni appalto, allo scopo di garantire la trasparenza sull'uso delle risorse pubbliche.

Le domande su alcune apparenti anomalie non hanno per ora risposta: sul sito dell'Amministrazione trasparente del Ponte non c'è ad esempio la proposta fatta da Rina e quelle delle altre aziende, non c'è il contratto stipulato, non ci sono nemmeno i pagamenti, come stabilito dalla normativa anticorruzione.

Nel momento in cui ai cittadini si chiede un surplus di fiducia per accettare l’assegnazione diretta e velocizzata di grandi lavori, non c’è stata – per ora – la massima trasparenza dovuta quanto meno per legge. Dentro al sito che doveva essere una casa di vetro, insomma, c’è ben poco da vedere.

Rina, società leader dei controlli, con qualche macchia nel curriculum

Rina è un’azienda con 160 anni di storia (era l’ex Registro Navale Italiano) e grandi tradizioni. Una società leader a livello internazionale, che è stata chiamata a coordinare i lavori e il controllo qualità del nuovo ponte di Genova. Nel suo lungo curriculum ci sono però anche alcune pagine controverse. Rina negli ultimi 20 anni ha infatti certificato la sicurezza anche di tre navi passeggeri poi affondate, di una petroliera che ha causato un disastro ambientale, di una fabbrica distrutta da un incendio. Tragedie che hanno causato danni enormi e molte centinaia di morti. Per le quali la società è stata coinvolta in diversi procedimenti giudiziari: alcuni in corso, uno archiviato, uno arrivato a condanna definitiva.

Un importante settore di attività di Rina, da molti anni, è infatti la certificazione di sicurezza, richiesta da normative italiane e internazionali. Lo aveva fatto per la petroliera maltese Erika, noleggiata da Total. La nave il 12 dicembre 1999 durante una tempesta nel golfo di Biscaglia, davanti alla costa bretone francese, perde 19.800 tonnellate di olio, contaminando 400 chilometri di costa, uccidendo 150 mila uccelli, provocando gravissimi danni all'economia locale. Verrà condannata nel 2008 dalla Corte penale di Parigi, assieme all’armatore e al conduttore, al pagamento in solido di 192 milioni di euro. Sentenza confermata nel 2010 in appello e nel 2012 dalla Corte di Cassazione francese.

Il 14 agosto 2018 un violento temporale si abbatte su Genova. Alle 11.36, duecento metri del Morandi collassano trascinando nel vuoto 43 persone. In pochi secondi la storia del capoluogo ligure cambia per sempre e la città si trova tagliata in due. Un anno dopo, il 28 giugno, una tonnellata di esplosivo distrugge il moncone est del ponte: 4 giorni prima c’era stata la prima gettata di cemento del primo pilone del nuovo viadotto.

Ancora in corso il processo presso il tribunale di Genova per il naufragio del traghetto Al Salam Boccaccio. La nave italiana, varata nel 1969, dopo essere stata ritirata dal servizio e ristrutturata con l’aggiunta di tre ponti, viene venduta a un gruppo egiziano. Nella notte tra il 2 e il 3 febbraio 2006 si incendia mentre naviga tra l'Arabia Saudita e l'Egitto, si rovescia e naufraga. Oltre mille le vittime. A maggio di quest'anno la Corte di Giustizia europea ha ribaltato i due verdetti del Tribunale e della Corte d’Appello di Genova, che avevano dato ragione a Rina che contestava un difetto di giurisdizione dell’Italia. Secondo la Corte di Lussemburgo, dunque, per Al Salam Boccaccio, Rina va processata nel nostro Paese.

Non è stata invece coinvolta nel processo per il naufragio nel 2012 della nave da crociera Costa Concordia, ma nel dibattimento sono emerse criticità linguistiche nelle comunicazioni prima del naufragio tra il comandante Francesco Schettino e il timoniere indonesiano, che non capiva né l’italiano né l’inglese. Rina aveva certificato - fra l’altro - la conoscenza da parte dell’equipaggio della lingua ufficiale a bordo, l’italiano.

È in corso presso il tribunale civile di Bari il processo per accertare eventuali responsabilità risarcitorie di Rina per il traghetto Norman Atlantic. La nave si incendia il 29 dicembre 2014 mentre naviga tra Igoumenitsa e Ancona: 31 le vittime nonostante i soccorsi dalla Grecia e dall'Italia.

Archiviato a Genova nel 2018 il procedimento contro Rina per l’incendio della fabbrica tessile Ali Enterprises a Karachi, Pakistan, che produceva abbigliamento per un marchio europeo, Kik. Vi lavoravano tra i 1.200 e 1.500 operai, con salari mensili tra i 52 e i 104 dollari mensili. Rina delega la verifica degli standard a una società pakistana e il 21 agosto 2012 rilascia il certificato No. SA-944, indispensabile per le esportazioni. Tre settimane dopo, l’11 settembre 2012, un incendio distrugge l’edificio: 257 morti. Le autorità locali accertano l’assenza totale di uscite e scale di sicurezza, di sistemi antincendio, gravi difetti all’impianto elettrico, l'accumulo di materiali infiammabili, la costruzione di un piano ammezzato in legno.

Per il ruolo in Ali Enterprises viene quindi aperto a Torino un fascicolo su Rina, poi passato a Genova per competenza. Il procedimento parte nel 2016. La perizia chiesta dalla procura torinese al Politecnico afferma che Rina «aveva accreditato un sito che non possedeva i requisiti minimi in materia di sicurezza», come scrive l’ingegner Luca Marmo. Forensic Architecture, agenzia indipendente di ricerca della Gold Smiths University di Londra, ricostruisce in un video la simulazione virtuale della dinamica del disastro.

Attualmente sulla pagina web di Rina campeggia un comunicato sull’incendio di Ali Enterprises in cui si legge - senza fare cenno ai 257 morti - che «quando Rina ha condotto l’audit, la società era conforme allo standard SA8000. Le prove raccolte a seguito dell’incendio suggerirebbero che al momento dell’incendio la situazione presso Ali Enterprises non era più conforme allo standard SA8000, come valutato da Rina due mesi prima». Dopo l’ispezione, dunque, i pakistani avrebbero smantellato in poche settimane scale esterne e impianti antincendio? Il 12 dicembre 2018 comunque il gip Maresca archivia il procedimento contro Rina. Affermando anche che «non si esclude che nella condotta di Rina possa ravvisarsi una responsabilità risarcitoria civilistica per violazione di obblighi di protezione».

I familiari delle vittime in Pakistan, insieme a organizzazioni della società civile internazionale - tra cui la Campagna Abiti Puliti - hanno presentato ricorso al Punto di contatto nazionale italiano Ocse presso il Mise contro Rina, per il rilascio della certificazione SA8000, denunciando «un rapporto di audit carente e scorretto». Le famiglie delle vittime attendono ancora una risposta nel merito.

Contattata da Avvenire, la società Rina risponde così: «L’evento Erika (per ora l’unico che ha visto una condanna definitiva, ndr) è accaduto nel 1999 sotto la responsabilità del Registro Italiano Navale. RINA S.p.A. nasce nel 2000 con una storia completamente differente. Oggi certifica oltre 6.000 navi e in questi 20 anni ne ha controllate almeno 120mila. Tutti gli eventi successivi alla sua fondazione, a cui si fa riferimento, non hanno vista coinvolta in alcun modo la responsabilità dell’azienda».

Storie drammatiche diverse, unite però dal conflitto di interessi che si nasconde in questo tipo di procedura. La nave o la fabbrica che deve passare l'esame della sicurezza in sostanza è quella che paga chi è incaricato di promuoverla o bocciarla . Un po' quello che è successo con alcuni certificatori di bilancio che non hanno visto enormi buchi. O, per intendersi, in quegli istituti scolastici privati ​​che promettono di recuperare due o tre anni in uno a studenti scarsi che però pagano laute rette. I cosiddetti diplomifici. Chi certifica non sempre riesce ad essere super partes . E un sistema concepito così rischia di non garantire la terzietà nelle certificazioni.

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