sabato 21 giugno 2014
Era il 10 luglio 1964 quando il Policlinico universitario di Roma apriva i battenti. Cinquant'anni dopo, molti traguardi raggiunti e altrettanti progetti innovativi.
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Cinquant’anni da quei primi ricoveri nei reparti di medicina aperti nel maggio del 1964. Ma sono ottanta, a volerli contare dal 1934, l’anno in cui Pio XI donò 37 ettari sulla collina di Monte Mario, al quartiere Trionfale, perché vi nascesse la facoltà di Medicina dell’Università Cattolica del Sacro Cuore. Ha radici antiche, la storia del Policlinico Universitario Agostino Gemelli di Roma. Radici profonde, che gli hanno permesso di crescere fino a diventare una vera cittadella della salute, polo di eccellenza sanitaria, punto di riferimento per un bacino di utenza che arriva anche dalle regioni del Sud. Radici forti, che continuano a sostenere un’idea di sanità tenacemente proiettata in avanti, oggi declinata nella riorganizzazione in cinque macro-aree. Il grande policlinico della Cattolica, che qualche vecchio romano chiama ancora "ai Gemelli", nasce più di mezzo secolo fa dal sogno di un medico francescano, primo rettore dell’Università del Sacro Cuore. Padre Agostino Gemelli però non lo vedrà realizzarsi: morirà il 15 luglio 1959. I cantieri si aprono nel 1961. Tre anni dopo, l’apertura delle prime corsie. Oggi questa realtà è fatta di numeri inimmaginabili all’inizio: i dati di attività del 2013 raccontano di circa 70 mila prestazioni di Pronto soccorso, quasi 200 al giorno, oltre 3.200 parti, 1.558 posti letto, quasi 45mila interventi chirurgici, 4.200 dipendenti di cui 855 medici e 2.327 infermieri, 9 milioni di prestazioni. Cinque decenni in cui il Policlinico – pienamente inserito nel Servizio sanitario nazionale – insieme alla Facoltà di Medicina, è diventato una città del sapere medico e della salute, che mette a disposizione della collettività locale e nazionale un patrimonio scientifico unico, un laboratorio della didattica e della ricerca biomedica, ma anche dell’organizzazione sanitaria. Nei reparti e negli ambulatori è un viavai continuo, un fiume di pazienti da tutta Italia, di tutte le età e di tutte le estrazioni sociali. Tra loro anche un Papa, Giovanni Paolo II. Karol Wojtyla la prima volta, nel 1978, viene da visitatore. Tre anni dopo, nell’81, arriverà in ambulanza, dopo l’attentato a piazza San Pietro. Non sarà l’unica volta da paziente. Resta nella memoria collettiva il ricovero del 1996, quando affacciato dalla sua finestra, il Papa ora santo scherza sul Gemelli, «il Vaticano tre», dopo San Pietro e Castel Gandolfo. Tanti i Papi nei dieci lustri del Gemelli. A partire da Giovanni XXIII, che nel 1961 inaugura la facoltà di Medicina. Passando poi per Paolo VI che celebrerà nel 1976 la Messa sul piazzale. Benedetto XVI, nel 2005, arriverà per l’apertura dell’anno accademico. E come familiare, in visita al fratello. Ora cresce l’attesa per l’arrivo di Papa Francesco, il 27 giugno, festa del Sacro Cuore. Papa Bergoglio arriva in un policlinico che ancora una volta s’è reinventato per stare al passo con i tempi, nonostante la crisi congiunturale che si è fatta sentire sul comparto sanità. Lo sforzo più recente è stata la riorganizzazione dell’offerta sanitaria, prevista dal piano strategico 2012/2016. Un altro passo in avanti per un’assistenza più qualificata e più umana, attraverso la creazione di cinque macro-aree assistenziali: il Polo Oncologico, il Polo Emergenza, il Polo Donna, il Polo Cardiovascolare, il Polo Neuroscienze. Cinque sezioni per più dipartimenti, che tracciano la direzione dei percorsi clinico-assistenziali: ogni paziente verrà guidato passo passo, dalla diagnosi alla riabilitazione, su percorsi di cura, in linea con gli standard di qualità più aggiornati. Il futuro, qui, è cominciato da tempo.

 

 

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