mercoledì 5 marzo 2014
​Regioni e industriali accusano: spese pazze, poca autonomia e fondi da ripartire.
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Gli industriali sono preoccupati, e non lo nascondono. Anche le Regioni sono preoccupate e lo andranno a riferire, oggi, al nuovo ministro del Lavoro, Giuliano Poletti: l’avvio della Garanzia giovani, infatti, è in ritardo e soprattutto rischia di partire su binari sbagliati: troppo incentrato sulle strutture burocratiche dei Centri per l’impiego e con un investimento per l’infrastruttura informatica nazionale giudicato inutile e spropositato, «addirittura di 200 milioni di euro», accusano industriali e Regioni.Il piano europeo di Youth guarantee – che prevede di offrire un’occupazione o un tirocinio o un’opportunità formativa o ancora di indirizzare verso l’autoimprenditorialità i ragazzi tra i 15 e 25 anni, entro 4 mesi dalla fine del loro percorso di studi o dall’ingresso nella disoccupazione – doveva essere avviato all’inizio dell’anno. Poi i ritardi si sono accumulati e ora si parla genericamente di «entro marzo». Ci sono però ancora molti dettagli da mettere a punto. A cominciare dalle convenzioni con le singole Regioni e dalla ripartizione degli oneri di finanziamento. E qui sorgono diversi problemi. Il primo riguarda i fondi: complessivamente si tratta di oltre 1,5 miliardi di euro per il biennio 2014-2015, con 567 milioni provenienti direttamente dall’Europa, 379 milioni di cofinanziamento nazionale e altri 567 milioni prelevati dal Fondo sociale europeo. E su questa quota è in corso un braccio di ferro tra il governo che vorrebbe impiegare la parte del fondo sociale utilizzato dalle Regioni e queste ultime che vorrebbero fosse lo Stato a rinunciarvi.Più in generale, però, le Regioni rivendicano un maggiore grado di autonomia nell’attuazione del piano, pur restando all’interno della cornice di linee guida fissate nei mesi scorsi nel confronto con il Governo. «Ogni territorio ha le proprie specificità come mercato del lavoro, imprese, agenzie formative – hanno spiegato gli assessori di Lombardia, Valentina Aprea; Veneto, Elena Donazzan; Campania, Severino Nappi e Liguria, Sergio Rossetti ieri a Milano per un confronto in Assolombarda –. Dobbiamo quindi poter applicare la Garanzia giovani anche utilizzando il meglio delle politiche attive che abbiamo messo in campo da tempo». Soprattutto, le Regioni intendono procedere con la strategia degli accreditamenti per allargare la rete di intervento ben al di là dei soli 556 centri per l’impiego, che ogni anno intermediano appena il 3% dei contratti di lavoro. Il modello è quello della concorrenza tra soggetti pubblici e privati (come le Agenzie per il lavoro, forti di 2.500 sportelli in Italia) con la corresponsione di un premio solo a fronte del risultato raggiunto (ad esempio un gettone per ogni giovane inserito in tirocinio o assunto). Ma fondamentale, in questo quadro, è l’impegno delle scuole, degli enti di formazione e delle università che devono essere spronate e messe in condizione di attivare servizi di orientamento, progetti di alternanza scuola-lavoro, placement vero e proprio. «Vogliamo arrivare all’integrazione fra scuola e lavoro, a un vero sistema duale come quello tedesco, come quello che già abbiamo in Trentino Alto Adige, non a caso la regione con il minor tasso di disoccupazione giovanile», ha spiegato Michele Angelo Verna, direttore generale di Assolombarda. «L’obiettivo realistico non è trovare un "posto" a tutti i giovani, ma garantire a tutti i ragazzi che escono dal percorso di studi (70mila l’anno solo in Lombardia) almeno un’esperienza di lavoro», ha aggiunto l’assessore lombardo Valentina Aprea, «per accrescerne l’employability, il loro grado di occupabilità».No deciso di tutti gli attori, quindi, all’ipotesi avanzata nelle scorse settimane di spingere in particolare per l’utilizzo del servizio civile, con il rischio però di creare un nuovo bacino di "lavoratori socialmente utili" poi difficilmente impiegabili altrove. «Teniamo ben distinte le politiche sociali o assistenziali dagli interventi per il lavoro», hanno risposto gli assessori del Veneto Donazzan e della Campania Nappi, «o rischiamo di snaturare la Garanzia giovani». Da mobilitare ci sono 1,2 milioni di Neet, giovani con meno di 25 anni che non lavorano né studiano né sono in formazione.
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