giovedì 21 aprile 2011
Centrotrenta minuti  di "faccia a faccia" tra  il premier e il ministro dell’Economia irritato  da un’intervista di Galan che chiede «collegialità» e attacca: ha commissariato il governo e ci fa Perdere. Il titolare di via XX Settembre non cede di fronte ai ministri che gli chiedono di aprire i cordoni della borsa: non ci sono crostate da dividere.
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Un sms avverte Giancarlo Galan: Giulio Tremonti è arrivato a Palazzo Grazioli per incontrare il premier. Il ministro dei Beni culturali si sposta tra le colline venete e non sembra preoccupato. «Giulio ha poco da agitarsi. Ho chiesto solo maggiore collegialità nelle scelte del governo e su questo non credo di essere così solo», confida enigmatico a chi lo sente. Cinquecento chilometri a sud, nell’ufficio romano del capo del governo a via del Plebiscito, Berlusconi e Tremonti sono seduti uno davanti all’altro. La tensione è alta e i toni sono aspri. Tremonti pretende chiarimenti. Sull’intervista rilasciata proprio da Galan al Giornale. Sull’affondo dell’ex governatore del Veneto: Un socialista all’Economia ha commissariato il governo. Berlusconi ha già fatto una nota per ribadire «pieno sostegno» all’azione di Tremonti. Ma il ministro dell’Economia insiste. Vuole di più. Vuole una difesa netta, totale; vuole una presa di distanza forte da Galan e da quello che racconta come un attacco sferrato da mezzo esecutivo contro di lui. «Sono stanco di questo clima di diffidenza, stanco di questi attacchi, stanco di cene dove si trama contro di me», ripete Tremonti nelle chiacchierate più riservate. E la chiosa è sempre la stessa: «Così non resto». Dietro quello sfogo c’è la risposta al pressing di mezzo esecutivo che lo invita ad aprire i cordoni della borsa. Una sfogo che davanti al premier diventa netto e dettagliato. «L’economia va meglio, ma la realtà dei conti resta complessa. Non ci sono crostate da spartire; al momento c’è solo spazio per una semplificazione fiscale».È ancora mattina quando Giulio Tremonti riflette sull’intervista di Galan. La legge, la rilegge. Poi si attacca al telefono e "scuote" il premier: «Dice che la mia azione ci farà perdere le elezioni... Dice che le decisioni devono passare da via XX Settembre a Palazzo Chigi? Volete forse commissariarmi?». Una pausa precede l’avvertimento più duro: «Così non va, così non resto...». Berlusconi prova a passare la grana al portavoce Bonaiuti che mette a punto una nota dove il capo del governo sottolinea come «grazie alle linee di politica economica, sempre condivise e approvate dal Consiglio dei ministri, l’Italia ha garantito la tenuta del bilancio dello Stato». E dove ripete come «questa linea deve essere mantenuta in un contesto di permanenti turbolenze finanziarie nel mondo». Ma il caso è tutt’altro che chiuso. Una bufera investe il Pdl. Anche Claudio Scajola sferza Tremonti. Più coraggio per lo sviluppo recita il titolo di un intervento dell’ex ministro pubblicato integralmente sul sito della sua fondazione. Per disegnare una rotta. Per ricordare, anche a Tremonti, che «non è più tempo di manutenzioni ordinarie, ma di interventi incisivi che recuperino nell’azione riformatrice l’ispirazione profonda del nostro Pdl».Il ministro dell’Economia si sente accerchiato. Sospetta manovre anche del premier. Confida disegni ambigui di un pezzo non marginale dell’esecutivo. E, ora dopo ora, la tensione sale e non bastano gli attestati di stima dei vertici del Pdl a frenarla. Verdini tira comunque le orecchie a Galan: «Solo un cieco può non vedere che senza una politica di rigore anche l’Italia sarebbe stata affossata». Nelle stesse ore interviene anche l’altro coordinatore, Ignazio La Russa. Per confermare «piena solidarietà al ministro Tremonti che tutta l’Europa ci invidia». E per fissare l’unico obiettivo possibile in queste settimane di campagna elettorale: «Remare nella stessa direzione per far viaggiare la grande barca più dritta e veloce possibile, non certo dividersi in lenti e angusto canotti». La situazione però è diversa. E lo scontro Tremonti-Berlusconi è forse solo rinviato. Perché oggi la priorità è un’altra: vincere le elezioni amministrative di metà maggio. E allora l’unica soluzione possibile è rinviare il chiarimento e accettare una tregua armata.
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