sabato 24 luglio 2021
L'annuncio del ministro per la Transizione ecologica, Roberto Cingolani. Superate, almeno in parte, le resistenze di India e Paesi emergenti, oltre che di Pechino. Accantonati due articoli
G20. I ministri statunitense John Kerry e italiano Roberto Cingolani al meeting di Napoli

G20. I ministri statunitense John Kerry e italiano Roberto Cingolani al meeting di Napoli - Fotogramma

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L’applauso è arrivato naturale, con un che di liberatorio. Quando il ministro della Transizione ecologica Roberto Cingolani ha annunciato l’approvazione del documento finale su clima ed energia, ministri e delegati del G20 riuniti a Napoli hanno provato a lasciarsi andare. Perché settimane di serrati negoziati sotto la presidenza italiana almeno un risultato l’hanno raggiunto: il dialogo sul clima non si è interrotto. Anzi, da più parti, Cina inclusa, è sembrata aumentare la consapevolezza del fatto che si è tutti sulla stessa barca. Che non c’è un pianeta B, insomma, e che sul cambiamento climatico e le emissioni inquinanti bisogna agire, senza far deragliare tutto. Dopodiché si potrà discutere – e di certo si discuterà in vista del summit sul clima Cop26 di novembre a Glasgow, dove si giocherà la vera partita – dei risultati effettivi di un’intesa ancora parziale come quella raggiunta ieri (ma firmata da tutti, Pechino inclusa) e il cui testo verrà peraltro diffuso, dopo le ultime limature, solo oggi.

Ma un primo passo almeno è stato compiuto, un primo abboccamento tra fronti opposti, Usa ed Europa da un lato, Cina, India, Russia ed economie emergenti dall’altro, con queste ultime che avrebbero confermato le loro resistenze a impegni più stringenti per la decarbonizzazione, soprattutto riguardo ai tempi. Nel mezzo, sperando di non finire schiacciati, restano i Paesi più poveri e fragili, quelli che inquinano meno e che subiscono le conseguenze maggiori di un cambiamento climatico che ora però devasta sempre più spesso anche il Nord del mondo.

Se due giorni fa un accordo era stato raggiunto più facilmente e in maniera più piena dal G20 sulla tutela degli ecosistemi e della biodiversità, ieri al centro c’erano le questioni più divisive relative al clima, all’energia e alla decarbonizzazione, con il grande nodo degli impegni finanziari vincolanti soprattutto da parte dei Paesi ricchi.

La discussione è stata serrata e i progressi più volte bloccati da Cina e India. Proprio il via libera, anche se parziale, di Pechino ha consentito di sbloccare il negoziato. Tuttavia, hanno sottolineato molti delegati, per evitare un clamoroso nulla di fatto è stato concordato di rinviare a una fase successiva l’approfondimento di alcuni tra i temi più controversi. Il testo dell’intesa di massima terrà quindi conto delle resistenze confermate da alcuni Paesi.

«Su 60 articoli due sono stati estratti perché non è stato possibile trovare l’accordo – ha confermato il ministro Cingolani –. Quindi alcuni punti sono stati rinviati ai livelli di decisione politica più alta del G20 dei capi di Stato: oggettivamente è stato un ottimo risultato».

Cingolani, che ha fatto asse con l’inviato speciale Usa per il clima, John Kerry, è apparso dunque soddisfatto al termine di due giorni non semplici e dal lavoro intenso. Un lavoro che ha portato al riconoscimento da parte del G20 dell’interconnessione tra clima, ambiente, energia e povertà e che è stato pienamente riconosciuto ieri anche dalle Nazioni Unite. «Questa presidenza del G20 è forse secondo me la più ampia ed estesa perché ha correlato le questioni finanziarie ad altre, come il clima», ha riconosciuto la vice segretaria generale dell’Onu, Amina J. Mohammed, aggiungendo che «lo slancio della vostra leadership del G20 credo sia di buon auspicio per la Cop26 di Glasgow».

«Questo accordo è fondamentale per aprire la strada alla Cop26 di Glasgow», ha concordato lo stesso Cingolani. Restano sul tavolo della comunità internazionale piani ambiziosi, come il contenimento dell’aumento della temperatura del pianeta entro 1,5 gradi e la decarbonizzazione (i due punti estratti dal documento di ieri) e il nodo dei 100 miliardi di dollari che i Paesi ricchi si sono impegnati a versare ai più vulnerabili, obiettivo non ancora raggiunto. «Tutti sono impegnati per la decarbonizzazione, il problema è sulla scala dei tempi – ha sottolineato Cingolani –. Nessun Paese ha messo in dubbio l’accordo di Parigi, la convinzione c’è, ma alcuni Paesi economicamente rischiano di non farcela» in una decade. Si dovrà comunque cercare di trovare soluzioni anche su questo aspetto e trovarle in fretta: la salute del pianeta non può più aspettare.

Da sapere. La Cop-26 prossimo passo​

Rinviata di un anno a causa del Covid, la 26esima Conferenza delle parti sul cambiamento climatico delle Nazioni Unite (Cop-26) si svolgerà a Glasgow dal 31 ottobre al 12 novembre e vede il contributo dell’Italia all’organizzazione britannica. Si tratta di un appuntamento cruciale per fare il punto sull’Accordo di Parigi, adottato alla Cop 21, e definire soprattutto progetti concreti per attuarne gli obiettivi. Il vertice, inoltre, vede il ritorno degli Stati Uniti nell’intesa, dopo il ritiro voluto dall’ex presidente Donald Trump. La presenza dell’amministrazione americana può rivelarsi un fattore importante per stimolare la comunità internazionale, dato l’impegno di Joe Biden sulla questione. La Cop-26 sarà preceduta da un evento a Milano tra il 28 settembre e il 2 ottobre, la cosiddetta Pre-Cop.





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