martedì 13 giugno 2023
Alcuni ospiti a fine pena sono usciti dall'Icatt di Eboli per un giro in barca nel porto di Salerno: «Ci hanno insegnato a orientarci e a ormeggiare». Greenpeace: «Tanta voglia di emancipazione»
Fuori, ascoltando il mare: prove di riscatto per detenuti

«Nun te preoccupa’ guaglio’, ce sta ‘o mare fore», è il ritornello dell’apprezzatissima serie televisiva sul carcere e sul riscatto “Mare Fuori”, che esce dagli schermi diventando anche la promessa fatta – e mantenuta – a un gruppo di detenuti a fine pena dell’Istituto a custodia attenuata, l’Icatt di Eboli: per un giorno sono usciti dalla struttura, un castello costruito in epoca normanna su un precedente fortino longobardo che ospita circa 35 persone, e hanno potuto sentire sulla pelle il vento della libertà che li aspetta facendo un giro in barca nel porto di Salerno. L’evento arriva al culmine di una serie di incontri avvenuti nell’Icatt in cui agli ospiti sono state insegnate nozioni sui cantieri navali, sulla motoristica a meccanica marina, sulla pesca sportiva e sui pontili, oltre che sulla tutela del mare e del diritto ambientale. Un progetto reso possibile da Greenpeace e dall’associazione Giuristi per l’Ambiente (GXA), in collaborazione con la sezione locale della Lega Navale Italiana, che ha messo a disposizione l’imbarcazione per la gita in esterna.

«È stata un’esperienza molto ricca sul piano umano: dietro ognuno dei detenuti ci sono storie difficili, realtà socialmente ed economicamente precarie, condizioni che spingerebbero chiunque a pensare sempre e solo ai propri interessi e alle proprie necessità. Abbiamo visto, invece, tanta voglia di riscatto» spiega Marco Meo, coordinatore del gruppo locale di Greenpeace Salerno. «Ci hanno insegnato ad ormeggiare una barca, orientarci in acqua, capire come cambia il meteo» dice ad Avvenire Carmine, ospite dell’Icatt di Eboli, non nascondendo la sua più grande speranza: «Magari un giorno questo potrebbe diventare il mio lavoro». Il mare come metafora di emancipazione e mezzo di riscatto, la luce fuori dal tunnel come viene descritto nella popolare serie televisiva “Mare Fuori” nella quale ha recitato anche Francesco Panarella, 22enne attore napoletano presente anche lui all’incontro ed accolto calorosamente dagli ospiti dell’Icatt.

«Spero sempre che i ragazzi che guardano la serie ne prendano soltanto il meglio – dice –, il lato che racconta l’altra faccia della medaglia, che va al di là dell’errore e dello sbaglio. È importante trattare le persone in quanto tali, soffermandoci sulle speranze che nutrono, sull’amore, sull’amicizia, che in alcuni contesti possono mancare». Oltre che esempio di libertà, l’ecosistema marino è stato anche mostrato come un ambiente da difendere dalle minacce antropiche. Ai detenuti sono state infatti date informazioni sulla salvaguardia dell’ambiente, la tutela delle coste e la necessità di comportamenti sostenibili e responsabili da parte di cittadini ed Istituzioni. Temi centrali per la campagna “C’è di mezzo il mare” di Greenpeace, che in tutta Italia cerca con laboratori e incontri con i volontari di promuovere la protezione del Mar Mediterraneo. Il prossimo 20 giugno alle Nazioni Unite verrà ratificato un accordo internazionale che impegna i Paesi membri a proteggere attivamente il 30% delle proprie acque nazionali entro il 2030. Un obiettivo ambizioso visto che in Italia ad oggi soltanto l’1% della costa rientra nelle aree marine protette, dove attività intensive come la pesca e lo sfruttamento turistico sono proibite. Inoltre, studi del Dipartimento di Scienze della Terra, dell’Ambiente e della Vita dell’Università di Genova mostrano un aumento di 2 gradi al di sopra della media nelle acque nazionali superficiali, entro i 10-15 metri di profondità. Un fattore che sta già causando drammatici cambiamenti nella biodiversità marina, dalla scomparsa delle specie più sensibili all’invasione di altre, spesso aliene, che meglio si adattano a un mare sempre più caldo.

«Un respiro su due lo dobbiamo al mare, il più grande produttore di ossigeno a livello planetario, oltre che un grande baluardo nel difenderci dagli effetti dei cambiamenti climatici» dice Giuseppe Ungherese, responsabile della campagna. «Il mare è speranza – aggiunge – e va tutelato con misure urgenti ed efficaci. Soltanto così potrà dare a tutti una nuova possibilità».

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