sabato 28 luglio 2012
​Il presidente della Repubblica Giorgio Napolitano, accompagnato dalla moglie, si è commossio ai funerali del suo consigliere Loris D'Ambrosio, stroncato da un infarto nel bel mezzo delle polemiche per le intercettazioni delle sue conversazioni con Mancino. Il Guardasigilli Severino: non ha sopportato il peso dell'accusa. La morte di Loris D'Ambrosio: il dolore e le accuse
 La speranza di Marco Tarquinio
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​Il presidente della Repubblica Giorgio Napolitano, accompagnato dalla moglie, signora Clio, è giunto poco prima delle 16,30 alla chiesa di Santa Susanna a Roma per i funerali di Loris D'Ambrosio. Il capo dello Stato, visibilmente provato e con occhiali scuri, è stato accolto dai sacerdoti che hanno celebrato il rito. Moltissime le autorità presenti in chiesa per l'ultimo ricordo del consigliere giuridico del presidente della Repubblica, stroncato da un infarto due giorni fa.Per il governo sono presenti il ministro della Giustizia, Paola Severino, e dell'Interno, Anna Maria Cancellieri. Moltissimi anche i rappresentanti delle istituzioni e della politica: Gianni Letta, Pier Ferdinando Casini, Piero Grasso, Gianni De Gennaro, Michele Vietti, Edmondo Bruti Liberati, Giuseppe Pisanu, Massimo D'Alema, Luca Palamara e la sorella di Giovanni Falcone, Maria. LA COMMOZIONE DI NAPOLITANOIl presidente della Repubblica si è commosso al termine delle esequie. Napolitano si è avvicinato alla moglie Antonella e ai figli Giulio, Valerio e Silvia e si è commosso nel salutarli, poi ha accompagnato il feretrodi D'Ambrosio fino all'uscita della chiesa, tenendo sempre la mano sulla bara.SEVERINO: INSOPPORTABILE PER LUI IL PESO DELL'ACCUSAPer Loris D'Ambrosio era "insopportabile il peso di vedersi addebitata l'accusa di avere, in qualche modo, mancato ai propri doveri, assolti - invece - sempre con proverbiale scrupolo e chiara lucidità". Lo ha sottolineato il ministro della Giustizia Paola Severino, ricordando la figura del consigliere giuridico del Quirinale, morto giovedì scorso. Severino, nel corso dei funerali di D'Ambrosio, ha tratteggiato la figura di "un uomo che ha sempre cercato di adempiere alle proprie elevatissime funzioni cercando soluzioni costruttive,intelligenti ed equilibrate, in un momento in cui la polemica rischia di travolgere la ragione e di trasformarsi in sterile scontro, anzichè volgere verso un confronto costruttivo, verso una seria meditazione sulla giustizia in Italia, sui danni che ad essa ed ai cittadini reca la cultura del sospetto, sul ruolo di una magistratura che sempre più deve riaffermare le proprie garanzie di autonomia e di indipendenza non solo su ciò che fa, ma anche su ciò che appare".
D'Ambrosio, sottolinea Paola Severino, "non riusciva a capacitarsi come potesse essere accusato, con tantaveemenza, di aver voluto interferire su indagini in tema di mafia, proprio la materia che aveva costituito il centro di un suo impegno così intenso. Per lui, che sentiva profondamente la responsabilità di mantenere fermo e costante l'equilibrio tra i poteri dello Stato ed era abituato al riserbo ed alla discrezione, era poi altrettanto insopportabile il peso di vedersi addebitata l'accusa di avere, in qualche modo, mancato ai propri doveri, assolti - invece - sempre con proverbiale scrupolo e chiara lucidità. Loris D'Ambrosio provava tutto ciò senza, peraltro, nutrire alcuna acredine per quanto veniva ingiustamente detto e scritto su di lui".
In quei "difficilissimi momenti", ha proseguito il Guardasigilli rivolgendosi al presidente della Repubblica Giorgio Napolitano, "gli è stata di grande conforto - e glielo voglio personalmente testimoniare, signor Presidente, per stemperare quell'atroce rammarico cui Ella ha fatto riferimento - il contenuto della lettera cui Ella, respingendo le sue dimissioni, gli ha manifestato e ribadito tutto il Suo apprezzamento per la preziosa ed insostituibile opera che, senza mai risparmiarsi, ha sempre svolto al servizio dello Stato".
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