lunedì 1 aprile 2019
La decisione della Corte d'Appello di Milano. I legali della figlia di Salvatore: si rimarca che non ci fu alcun crac e nessuna responsabilità della famiglia. La donna trascorse 40 giorni in carcere
Giulia Ligresti in una foto di archivio Ansa

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"Siamo soddisfatti per la decisione della Corte di Appello di Milano nei confronti di Giulia Ligresti. La sentenza che revoca il patteggiamento e decreta il proscioglimento della nostra assistita mette fine alla complessa vicenda giudiziaria che riguarda Fonsai". Lo hanno affermato in una nota i legali di Giulia Ligresti, gli avvocati Gian Luigi Tizzoni e Davide Sangiorgio. "Oggi - aggiungono - si sancisce con ritardo e si rimarca, che non ci fu nessun crac di Fonsai e nessuna responsabilità da parte della famiglia Ligresti. La sentenza di oggi che restituisce piena dignità a Giulia Ligresti recente bersaglio di falsi scoop - non ha mai chiesto l'affidamento in prova come 'pr' - e di una ingiusta carcerazione ristabilisce la verità su un'operazione finanziaria la cui reale storia inizia finalmente ad essere scritta".

Giulia Ligresti, figlia dell'ingegnere di Paternò Salvatore Ligresti, aveva patteggiato 2 anni e 8 mesi di reclusione nel settembre 2013 nell'ambito dell'inchiesta aperta dalla Procura di Torino per aggiotaggio e false comunicazioni sociali da parte della compagnia assicurativa Fonsai, poi confluita nel gruppo UnipolSai. Giulia Ligresti era stata arrestata il 17 luglio 2013 e aveva trascorso 40 giorni in cella, per poi ottenere i domiciliari grazie a una perizia che riconosceva il suo disagio psicologico causato dalla detenzione. La donna era tornata in libertà il 19 settembre 2013, dopo aver concordato il patteggiamento con il tribunale di Torino, diventato definitivo con una pronuncia della Cassazione e entrato in fase di esecuzione solo nel 2018.

Dopo che il Tribunale di Milano ha assolto il fratello Paolo Ligresti, gli avvocati di Giulia Ligresti Gianluigi Tizzoni e Davide Sangiorgio hanno presentato una richiesta di revisione del processo che è stata accolta dalla Corte d'Appello di Milano sottolineando l'"inconciliabilità" della sentenza a carico della loro assistita emessa dalla magistratura torinese con quella del fratello. Percorso che si è concluso con l'assoluzione "perché il fatto non sussiste", ha spiegato l'avvocato Tizzoni. La stessa Corte d'Appello di Milano aveva revocato l'ordine di carcerazione emesso dal Tribunale di Sorveglianza di Torino in seguito al rigetto della richiesta di affidamento in prova ai servizi sociali.

A Torino, invece, nell'ottobre 2016 il padre Salvatore e la sorella Jonella - insieme a ex manager e revisori del gruppo assicurativo - erano stati condannati in primo grado. L'ex patron di Fonsai era stato condannato a 6 anni come ex presidente onorario e amministratore di fatto della compagnia, la figlia Jonella a 5 anni e 8 mesi, l'ex amministratore delegato Fausto Marchionni a 5 anni e 3 mesi e l'ex revisore Riccardo Ottaviani a due anni e sei mesi. Erano stati assolti Antonio Talarico, ex vicepresidente della compagnia, e l'ex revisore Ambrogio Virgilio. All'apertura del processo di secondo grado, la Corte d'Appello di Torino si è dichiarata incompetente e ha inviato gli atti a Milano, annullando così la sentenza di primo grado e facendo di fatto ripartire da zero il processo. La tesi dei pm torinesi è che gli ex amministratori di Fonsai avrebbero falsificato il bilancio del 2010 nella parte che riguarda la riserva sinistri, sottostimandola di circa 600 milioni di euro, e provocando un danno complessivo agli azionisti di circa 250 milioni di euro.



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