mercoledì 28 febbraio 2024
La presidente della commissione di Vigilanza Rai: «Siamo stati determinanti. Chi dice che abbiamo perso voti non considera le liste civiche a noi vicine»
Floridia: «L'alternativa esiste. Ma si basa sui programmi non sui numeri»

Movimento 5 Stelle

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Per Barbara Floridia, senatrice pentastellata e presidente della Commissione di Vigilanza Rai, il risultato del voto in Sardegna ha «un’unica interpretazione possibile: il M5s, con Alessandra Todde e il “campo giusto” hanno vinto in maniera evidente ». E questo perché «abbiamo proposto una candidata vincente, in grado di prendere anche più voti delle liste e riconosciuta dai sardi come governatrice vincente».

Però la vostra coalizione ha preso meno voti di quella avversaria e il voto disgiunto ha avuto un peso rilevante. È un segnale su cui riflettere?
I segnali servono sempre a riflettere, anche al centrodestra ovviamente. Ma va valutato anche un altro dato, che è quello della percentuale di Renato Soru, che comunque conta voti che non appartengono al centrodestra. Con quella percentuale le sorti si sarebbero ulteriormente ribaltate, anche a livello di coalizione.

È anche vero che il M5s ha avuto un calo notevole rispetto al 2019: dal 22% circa al 7,8%, un terzo dei voti in meno. Non si può dire sia un bel risultato per il partito, non crede?
Deve considerare che in corsa c’erano anche le liste di appoggio ad Alessandra Todde, che sono chiaramente vicinissime al M5s, e bisogna valutare che c’è stata una fase governativa e cioè, fisiologicamente, di trasformazione per ogni partito. Detto questo, anche la percentuale aggiuntiva che ha portato Alessandra è da additare al M5s. Dobbiamo fare anche questa somma. Quindi è stata una vittoria dovuta a un insieme di energie: la candidata giusta, espressione del M5s, il nostro contributo e il Pd, che ha sposato questa scelta e con il quale abbiamo lavorato a programmi disegnati sul territorio, per il territorio. L’elemento vincente è stato l’insieme di questi punti di forza.

D’altra parte, però, il Pd vi ha quasi doppiato, questo non rimette in discussione gli equilibri nell’opposizione?
No, perché non è una questione di numeri, ma di piattaforma programmatica. Dal momento in cui riusciamo a lavorare insieme siamo vincenti. Non ci pesiamo sulla base della percentuale in più o in meno, ma di come siamo capaci insieme di governare, non solo di vincere in un territorio. E questa è una riflessione condivisa con molti dirigenti del Pd. Se un partito porta percentuali alte e l’altro porta il candidato giusto, nell’insieme si vince.

In Abruzzo ci sarà un campo larghissimo, ma in Piemonte sarete ora più disposti a un’alleanza e, magari, ad approvare una candidatura come quella di Gribaudo?
In Abruzzo è ancora un “campo giusto”, in cui anche altri gruppi hanno condiviso un programma e questo ci fa molto piacere, perché certamente si è più forti quando si è di più ma solo se si condivide un programma. In Piemonte ci si baserà sui territori. Non è un’alleanza strutturata a Roma e poi calata dall’alto. Ma deve partire dal territorio in modo che sia reale, non imposta. Solo così può funzionare.

Sul piano nazionale continuate a sostenere che contano i temi più degli apparentamenti, ma è chiaro che battere la destra senza un’alleanza strutturale è impossibile. Non crede sia ora di pensarci?
La Sardegna è il paradigma che dimostra che un’alternativa a questo governo c’è. È seria e sta lavorando proprio su dei programmi che possano davvero essere messi in gioco. Per esempio, nel Conte 2 per noi era importante portare avanti il salario minimo, adesso che anche per il Pd è una priorità possiamo lavorare insieme al meglio per concretizzarla. Conviene misurarsi sui singoli temi per essere un’alternativa non solo numerica, ma in grado di governare.

Calenda pare aprire a Conte dopo tanti attacchi nei vostri confronti, cosa ne pensa?
Meglio tardi che mai. Siamo abituati a sentirci dire di tutto e di più, ma il tempo è galantuomo.

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