mercoledì 4 agosto 2010
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«Nessuno è autorizzato a parlare di terzo polo, non è il mio progetto. Oggi è solo avvenuto un processo politico importante fra diverse componenti di maggioranza e opposizione». Gianfranco Fini apre la riunione con i suoi alla cena di Farefuturo, con un obiettivo ben chiaro in testa: tenere unita la truppa de deputati e senatori che l’hanno seguito, sminando il terreno dalle pressioni esercitate sul fronte moderato dei suoi deputati, sul caso Caliendo.Nel pomeriggio era girato uno strano messaggio: «Attenzione, se domani i finiani si astengono sulla sfiducia a Caliendo con Rutelli, Casini e Lombardo, se Berlusconi si ritrova anche con un solo voto meno dei 316 della maggioranza, sale al Quirinale». L’sms, fatto girare dai fratelli-coltelli ex An rischiava di riaprire i giochi. A quell’ora erano già accesi i fornelli dell’imminente cena nella quale, ieri sera, il presidente della Camera ha riunito i suoi alla fondazione Farefuturo. E proprio al momento di buttare la pasta, ecco, in tema, la rassicurazione di Francesco Divella (che nel pomeriggio aveva preannunciato il suo personale no alla sfiducia) che si sarebbe allineato anche lui alle posizioni degli altri, orientati verso l’astensione. Ma non era più pacifico che fosse questa la via per far sì che la differenziazione della nuova formazione, sul caso Caliendo, non diventasse rottura, crisi.Nel Pdl non tutti erano disposti a far passare liscia ai finiani: «Ci aspettano fango e minacce di voto, evitiamo pretesti». La pressione era diventata insidiosa, in serata, verso il ministro e viceministro di osservanza finiana. Nella cena, ieri, veniva anche valutata l’ipotesi di far uscire Andrea Ronchi e Adolfo Urso, per toglierli dall’imbarazzo. Ma poi Fini cedeva e dettava la linea: «Votino no, per non essere tacciati di contraddizione». E la spiegava così: «Caliendo non è Cosentino, è una mozione strumentale, questa. Restiamo uniti, troviamo una sintesi, non serve a nessuno dare l’idea di dividerci fra falci e colombe». «Se i parlamentari del gruppo Fli dovessero astenersi, il presidente del Consiglio un minuto dopo dovrebbe salire al Quirinale per illustrare la situazione», aveva detto l’ex An Mario Landolfi. E un senatore ex finiano, poi rimasto nel Pdl, come il sottosegretario Andrea Augello arrivava alla stessa conclusione: «Non mi pare che si possa far finta di niente in tal caso». Ma il presidente della Repubblica nel pomeriggio era già partito per Stromboli. Nessun cambiamento nella tabella di marcia delle ferie del Presidente, in ossequio alla linea che il Quirinale ha ribadito in questi giorni, che lo vuole fuori da quella che continua a considerare dialettica interna alla maggioranza. E alla fine potrebbe andare proprio così: polemiche forti, ma la maggioranza tiene. Per ora.
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