lunedì 18 maggio 2009
«Il Parlamento deve fare leggi non orientate da precetti di tipo religioso». Con queste parole il presidente della Camera ha riaperto una polemica che ha provocato immediate reazioni. Casini (Udc): in Italia mai avute leggi derivate da precetti religiosi. Lupi (PdL): Fini cerca uno scontro ideologico che è l'opposto della laicità.
  • Sgreccia: nessun precetto, ma sui diritti umani non taceremo
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    "Il Parlamento deve fare leggi non orientate da precetti di tipo religioso". Lo ha detto il presidente della Camera, Gianfranco Fini, parlando di bioetica durante un incontro sulla Costituzione con studenti di Monopoli. "Il dibattito sulla bioetica - ha aggiunto - è complesso e mi auguro che venga affrontato senza gli eccessi propagandistici che ci sono stati da entrambe le parti perché queste sono questioni nelle quali il dubbio prevale sulle certezze".La polemica freddamente riaperta da Fini ha provocato immediate reazioni politiche: “Il Parlamento italiano non ha mai fatto leggi tenendo conto dei precetti religiosi – ha seccamente replicato il leader dell’Udc Pierferdinando Casini - ed il presidente Fini ha detto una cosa ovvia ma nel Parlamento c'è chi fa delle battaglie sui valori e sui principi". "Per fortuna - ha aggiunto Casini - che in Parlamento c'è ancora qualcuno che fa battaglie su valori e principi che ormai non hanno diritto di cittadinanza in politica".Ancora più duro il capogruppo vicario dell’Udc alla Commissione Affari Costituzionali della Camera, Luca Volontè: "Fini oggi compie il peggiore attacco laicista della storia repubblicana – ha detto in una nota -; la fede cristiana non dovrebbe informare il comportamento e le idee dei deputati? Siamo alla vergognosa e inaccettabile discriminazione dei credenti, come ai tempi dei totalitarismi neri del '900". Volontè accusa Fini di passare “dal politically correct alla discriminazione religiosa. Fini vorrebbe favorire il dibattito e le leggi solo nel caso in cui i credenti non abbiano dato il loro contributo. È un attacco alla libertà e alla dignità della Chiesa. Un attacco indegno e insopportabile - conclude Volontè - in una parola, antidemocratico".Reazioni anche da parte del presidente dell’Udc Rocco Buttiglione: "Non si può chiedere al parlamentare credente di mettere da parte la sua fede quando entra nelle aule parlamentari. La fede è la vita, forma una esperienza di vita che ha diritto di entrare nel dialogo politico. Noi non diciamo mai che una cosa è vera perchè lo dice il Papa. Semmai diciamo che il Papa lo dice perchè è vera, e ci impegniamo a dimostrarlo con argomenti ragionevoli, umani, che nascono dalla esperienza della nostra vita. Tutto questo dovrebbe essere escluso dal dibattito politico?". "Nel dibattito politico – ha aggiunto Buttiglione - ciascuno porta l'esperienza della propria vita, si cerca una sintesi e se necessario si vota. Di che cosa dovrebbe parlare il parlamentare credente - domanda il presidente dell'Udc - se gli vietassero di fare riferimento all'esperienza della sua vita formata dalla fede?".Sulla stessa lunghezza d’onda il vice-presidente della Camera Maurizio Lupi (PdL), che in una nota si dichiara “stupito dalle dichiarazioni del presidente Fini. Non capisco la sua preoccupazione quando parla della necessità di evitare 'leggi orientate da preconcetti religiosi’, so però che la nostra Carta Costituzionale è il frutto dell'incontro delle grandi tradizioni che hanno fatto la storia del Paese". "E so . prosegue Lupi - che tra queste, la tradizione cristiana, ispirata alla dottrina sociale della Chiesa, ha giocato un ruolo di primo piano. Se il Presidente Fini pensa che certi valori rappresentino dei 'preconcetti religiosi’ sbaglia e si pone su un piano di scontro ideologico molto lontano dalla laicità positiva da lui stesso evocata. Non ho mai visto un uomo fare politica – conclude - se non partendo da una base valoriale. E credo che ognuno di noi, rispettando chi la pensa diversamente, abbia il diritto e il dovere di difendere ciò in cui crede. Sempre".Sostegno alle parole di Fini sono venute invece da Benedetto Della Vedova, esponente dell’area radicale del PdL, e da Massimo Donadi, capogruppo IdV alla Camera.
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