mercoledì 11 marzo 2009
La durata del testamento biologico viene allungata a 5 anni (contro i 3 previsti dal ddl Calabrò) e le dichiarazioni anticipate di volontà verranno depositate presso il medico di famiglia e non più presso notai a titolo gratuito. È quanto prevedono alcuni degli emedamenti accolti oggi in commissione sanità. Via libera anche alla proposta di Centaro (Pdl): le disposizioni espresse dal soggetto non sono obbligatori ma diventano anche vincolanti.
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La durata del testamento biologico viene allungata a 5 anni (contro i 3 previsti dal ddl Calabrò) e le dichiarazioni anticipate di volontà verranno depositate presso il medico di famiglia e non più presso notai a titolo gratuito. È quanto prevedono alcuni degli emedamenti accolti oggi in commissione sanità e che dunque modificano il ddl Calabrò in merito a tali punti. Le disposizioni espresse dal soggetto nel testamento biologico, in merito ai trattamenti medici che vorrà o meno ricevere in caso si trovasse in futuro in stato di incapacità di intendere, diventano anche "vincolanti". È stato infatti approvato in commissione Sanità al Senato l'emendamento di Roberto Centaro (Pdl), che prevede appunto che sia vincolante la Dichiarazione anticipata di trattamento (Dat). Nel ddl Calabrò, all'articolo sei, al contrario, si prevedeva che le Dat non fossero "né obbligatorie né vincolanti".Le modifiche al ddl Calabrò. L'emendamento Centaro modifica il primo comma dell'articolo 6 del ddl. La versione iniziale del comma recitava: "Le dichiarazioni anticipate di trattamento non sono obbligatorie né vincolanti, sono redatte in forma scritta con atto avente data certa e firma del soggetto interessato maggiorenne, in piena capacità di intendere e di volere dopo una compiuta e puntuale informazione medico-clinica (...)". Con l'accoglimento dell'emendamento Centaro, la formulazione del primo comma diventa: "Le dichiarazioni anticipate di trattamento non sono obbligatorie ma sono vincolanti, fatte salve le previsioni dell'articolo 8". L'articolo 8 sul ruolo del medico rimane invariato. Quest'ultimo articolo del ddl disciplina il ruolo del medico e prevede che "il medico non può prendere in considerazione indicazioni orientate a cagionare la morte del paziente o comunque in contrasto con le norme giuridiche o la deontologia medica". Le indicazioni, precisa inoltre l'articolo 8, "sono valutate dal medico sentito il fiduciario, in scienza e coscienza, in applicazione del principio dell'inviolabilità della vita umana e della tutela della salute, secondo i principi di precauzione, proporzionalità e prudenza".
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