martedì 16 gennaio 2024
Il primo cittadino Fabbri offende monsignor Perego sull'assegnazione delle abitazioni di edilizia popolare: accolga i migranti a casa sua. I tribunali: discriminanti i criteri indicati dal sindaco
Un'immagine di Ferrara

Un'immagine di Ferrara - Foto di archivio

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Nuovo attacco del sindaco di Ferrara Alan Fabbri all’arcivescovo Giancarlo Perego. Anche stavolta, come tre anni fa, il primo cittadino leghista offende con tono sprezzante il pastore della Chiesa di Ferrara-Comacchio sui criteri di assegnazione delle case popolari, invitandolo a prenderseli in Curia con la solita demagogia. Da Fabbri sono arrivate parole offensive sui social condite da ironie pesanti.

«L’arcivescovo dovrebbe iniziare a riempire di migranti il suo Palazzo e lasciare le case popolari ai ferraresi. La sua reggia non solo è molto grande, ma mi sembra anche piuttosto vuota. È facile fare i caritatevoli con i soldi e i beni degli altri, molto meno unire con coerenza parole e fatti. Ma ormai dal vescovo di Ferrara ci si può aspettare di tutto: che non sia lui il prossimo candidato del Pd ferrarese?». Detto che la “reggia” di Perego è vuota perché terremotata e in restauro da anni, cosa ha scatenato l’ira di Fabbri? L’apprezzamento dell’arcivescovo al provvedimento della Regione Emilia-Romagna, che ha uniformato i criteri per l'assegnazione delle case popolari. In particolare la residenzialità storica, introdotta a Ferrara dal leghista, è diventato un requisito per tutti, ma non dà più punteggio. E agli occhi di Fabbri, che pensa di poter stabilire i limiti del magistero vescovile, Perego ha la colpa di essere andato oltre i suoi compiti , esprimendosi a favore del provvedimento regionale che modifica i criteri di assegnazione delle case popolari e che andrà al voto in consiglio.

«Commenterò le sue parole - scrive Fabbri - almeno fino a quando farà il politico e non il pastore della sua comunità. Il Vangelo della domenica di monsignor Perego parla delle case popolari dei ferraresi e di tutti i cittadini emiliano-romagnoli che, secondo la sua visione, dovrebbero andare praticamente alle persone migranti. Ritengo più giusto affidare gli alloggi a chi ha investito da più tempo in questo territorio. E qui non è solo una questione di italianità, ma di rispetto per chi paga le tasse da sempre e si è trovato improvvisamente in difficoltà. In questo grande contenitore ci sono italiani e anche tanti stranieri ben integrati, che hanno scelto di vivere onestamente nel nostro territorio e che contribuiscono da anni al welfare della nostra Regione». Quello che Fabbri non dice è che sono i tribunali ad avergli dato torto. «Come è noto - replica monsignor Perego - il tribunale di Ferrara in primo grado e poi la Corte d’appello hanno ritenuto discriminante, dopo alcuni ricorsi, i criteri fissati dal sindaco. La regione Abruzzo è stata poi condannata per aver accentuato i criteri che assegnavano maggior punteggio per la residenzialità. Perciò l’Emilia Romagna li ha aggiornati ispirandosi al principio che il diritto alla casa, in base al diritto internazionale ed europeo e alle sentenze della Corte costituzionale, non è un diritto del cittadino, bensì della persona considerate le sue condizioni di disagio e povertà».

L'arcivescovo Gian Carlo Perego

L'arcivescovo Gian Carlo Perego - Siciliani

In questo modo, puntualizza l’arcivescovo, non venivano penalizzati dal regolamento ferrarese solo i migranti, ma anche gli italiani.«Discriminavano tutti i nuovi arrivati, anche le famiglie di italiani emigrati da altre regioni che non potevano accedere agli alloggi popolari. Per questo ho espresso soddisfazione per la modifica apportata dalla Regione, competente sul patrimonio edilizio pubblico, la ritengo opportuna e rispettosa dalla dignità e dei diritti sociali di persone e famiglie ferraresi di lunga data o appena arrivate». Quanto alla “reggia”, una nota dell’arcidiocesi puntualizza che il palazzo arcivescovile da anni è un cantiere per i lavori di messa in sicurezza per i danni da terremoto come scritto nel cartello appeso allo scalone d’ingresso. «Magari se ne poteva accorgere da tempo chi dovrebbe frequentare la reggia di fronte».

La nota prosegue spiegando che «la casa del vescovo è la diocesi e la Caritas il luogo in cui offre la “sua casa” a chi bussa alla porta». Caritas diocesana che nel 2023 ha assistito con i pacchi mensili 1842 beneficiari, in prevalenza giovani e donne , e accoglie 200 nuclei famigliari e 60 bambini. La mensa Caritas, sempre aperta e ha offerto 36.400 pranzi.

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