giovedì 22 gennaio 2009
A sorpresa cambia il clima a Palazzo Madama sul testo voluto dal Carroccio. Pd e Idv si astengono. Il Senatur: passaggio storico. Berlusconi: la pressione fiscale ora diminuirà.
L'ANALISI: Al giro di boa, tra problemi veri di Sergio Soave
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Si respira nell’aria la doppia svolta. L’atmosfera è quella delle grandi occasioni e al Senato arrivano un po’ tutti, dal premier Silvio Berlusconi ai leader dell’opposizione. C’è in ballo il federalismo fiscale, la bandiera della Lega, su cui il Carroccio riesce a far convergere per la prima volta il consenso bipartisan. E c’è in ballo il dialogo, tanto sbandierato in questa legislatura, richiesto dal capo dello Stato, invocato dai presidenti delle Camere. È il primo giro di boa per la legge, ma il consenso ottenuto rende il passaggio storico», scandisce Umberto Bossi: 156 voti a favore, 6 contrari e 108 astenuti. Si capisce da metà pomeriggio che qualcosa di nuovo, dopo anni di battaglie senza tregua, sta per accadere. Si capisce quando il Pd al completo, con l’esclusione di Follini, Zanda e pochi altri senatori, decide di astenersi sul testo che di lì a poco deve essere votato dall’aula. Walter Veltroni non intende recedere sui suoi passi e continua a chiedere chiarezza sui numeri, ma comprende che si tratta di un gesto importante per il maggior partito di opposizione. Anche perché l’Italia dei valori ha già fatto sapere che non voterà contro. Il problema resta il no senza appello di Pier Ferdinando Casini. Follini si accoda, ma per il segretario del Pd è il momento di dimostrare senso di responsabilità. Con questa certezza manda i suoi in aula, pronti all’astensione. Una decisione "condizionata", perché, spiega, «molte cose ci lasciano insoddisfatti del testo, a cominciare dall’assenza di una copertura finanziaria», e perciò il "ni" può diventare un no alla Camera: «Devono essere chiarite alcune cose, prima di tutto la questione dei conti e poi la disponibilità sul pacchetto di riforme» (la cosiddetta bozza Violante, con il Senato delle regioni). «La maggioranza deve sapere che il banco di prova sono queste questioni, alle quali bisogna aggiungere la carta delle autonomie», insiste Veltroni. Bossi rassicura e Berlusconi è in arrivo per mettere il timbro. In aula si passa alle dichiarazioni di voto e la svolta è a un passo. Ringrazia il presidente Schifani, «per il clima di grande collaborazione». E applausi bipartisan arrivano a lui e al presidente della Repubblica Napolitano.«Poche volte mi è accaduto, nella mia ormai lunga esperienza parlamentare, di avvertire così forte la responsabilità di un voto. Certo incide la qualità della questione. Si dà attuazione all’articolo 119 della Costituzione e si sostituisce all’attuale un altro impianto istituzionale che riguarda, sotto il profilo delle prerogative fiscali, l’intero sistema delle autonomie», esordisce Anna Finocchiaro nel silenzio dell’assemblea. La capogruppo del Pd ringrazia il ministro Calderoli «per l’attenzione riservata alle ragioni delle opposizioni». Il tema è senz’altro di grande portata, conferma per il Pdl Carlo Vizzini: «Stiamo assolvendo ad un compito di grande modernizzazione della Repubblica».Il modo di assolverlo non piace all’Udc. Il federalismo fiscale, per il leader Casini, è solo «uno slogan, un manifesto della Lega che rischia di avere effetti devastanti sui conti pubblici». È il timore del Pd, che però fa un’altra scelta, in attesa del passaggio a Montecitorio: e tra i due partiti di opposizione nasce una querelle.Ma è lo stesso Berlusconi, che segue i lavori finali in aula, a dispensare certezze a Veltroni, confermandolo nella scelta del voto: «La pressione fiscale non dovrà aumentare, anzi diminuirà». Per il presidente del Consiglio, se così non fosse il federalismo fiscale «verrebbe meno al suo principale obiettivo». Secondo il premier questo provvedimento agevolerà anche la lotta all’evasione fiscale che, a suo avviso, potrà diminuire «del 22 per cento». E inoltre darà agli enti locali «la piena responsabilità delle spese per ogni servizio», avvicinando così amministratori e cittadini. «In questo modo – si dice certo – i cittadini potranno punire con il loro voto gli amministratori incapaci».La svolta è arrivata e Bossi lascia Palazzo Madama con una soddisfazione quasi inattesa: «L’hanno approvato e anche bene, è un passaggio storico. Erano tutti d’accordo e alla fine la verità viene a galla perché è una buona legge su cui nessuno ha sparato a zero. È stata una cosa importante». Ora, è certo il leader della Lega, «Tremonti ci farà avere i conti in tempi ragionevoli». E alla Camera i dubbi, per il Pdl, saranno cancellati.
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