venerdì 13 novembre 2009
La legge finanziaria regionale estende alle convivenze di ogni tipo i servizi alle persone. Se il provvedimento diventerà esecutivo non ci sarà più alcuna differenza nelle graduatorie per l'accesso ai servizi sociali e per le prestazioni sanitarie.
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«Questa», la famiglia e «quelle», le convivenze comprese quelle gay, «per me pari sono». Lo stabilisce la finanziaria regionale approvata dalla Giunta dell’Emilia Romagna che potrebbe diventare legge entro Natale. La proposta, prevista all’articolo 42, riconosce a tutti i cittadini il diritto di accedere alla fruizione dei servizi pubblici e privati senza discriminazione, diretta o indiretta, di orientamento sessuale. I diritti generati dalla legislazione regionale nell’accesso ai servizi si applicheranno ai singoli individui, alle famiglie e alle forme di convivenza previste dal nuovo regolamento anagrafico della popolazione. Ciò significa che non ci sarà più differenza nelle graduatorie per l’assistenza agli anziani, l’accesso ai servizi sociali e alla prestazioni sanitarie. Una svolta che qualcuno ha già definito come i 'Dico' all’emiliana. Anche se a questo proposito il sociologo Pierpaolo Donati precisa: «Chi, in questo caso, evoca trionfalmente l’icona dei Dico fa confusione, sbaglia e mette fuori strada per evidenti finalità ideologiche. La norma approvata rivela l’ottica ideologica della Giunta Errani che rende indifferente la famiglia agli effetti delle politiche di welfare: cioè dice alla gente che – prosegue il docente dell’Università di Bologna – la famiglia non importa nulla, perché i benefici vengono erogati a prescindere dalla famiglia in cui si vive; il che comporterà dei grossi effetti perversi e delle discriminazioni verso le famiglie». Adriano Guarnieri, portavoce del cardinale Carlo Caffarra, arcivescovo di Bologna, esprime perplessità e preoccupazione. «Da questa proposta – afferma – esce mortificata la famiglia costituzionalmente riconosciuta. Se c’è una totale identità tra i diritti degli individui da una parte e della famiglia dall’altra, ne deriva che la famiglia risulta penalizzata, non più riconosciuta in quello specifico ruolo sociale che la Costituzione prevede». Ermes Rigon, presidente del Forum regionale delle associazioni familiari esprime sorpresa e rammarico. «La famiglia, la coppia con figli non viene adeguatamente presa in considerazione come un bene sociale primario per l’intera comunità regionale. Non le viene riconosciuta priorità sociale e antropologica. Anzi – osserva ancora Rigon – viene messa sullo stesso piano delle convivenze di ogni tipo. Non viene riconosciuto il grande lavoro di cura che la famiglia vive nel suo interno». Quale futuro abbiamo come famiglie, si chiede ancora Rigon «se siamo messe sullo stesso piano dei conviventi anche senza vincoli affettivi oppure di nuclei di persone anche non legate da vincoli di parentela e affinità?». Tante le reazioni in campo politico. «Dall’Emilia Romagna – accusa Silvia Noè, consigliere regionale Udc – arriva il colpo che affossa definitivamente la famiglia. Mi preoccupa molto la miopia di questa Regione che, limitandosi a fotografare in modo sterile il presente, distrugge ogni prospettiva di futuro per i figli. Una politica che non guarda al domani è una politica incapace di interpretare lo sviluppo e la crescita del territorio che governa. È il momento di fare chiarezza: chi crede nella famiglia prenda posizione e lo dimostri con proposte, fatti e voti». «La scelta della Giunta regionale è squisitamente propagandistica ed elettorale», denuncia il consigliere regionale del Pdl Gianni Varani. «Il vero problema – conclude – è la confusione sulle convivenze e la grave marginalizzazione della famiglia autentica. La vera giustizia non è questa propaganda politicamente corretta alla quale cede la Giunta regionale che appiattisce tutto al ribasso ed ai legami più inconsistenti; la vera giustizia è sostenere, aiutare, non discriminare, valorizzare fiscalmente la vera famiglia tra uomo e donna che si assume responsabilità pubbliche».
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