mercoledì 23 gennaio 2013
Lavori monitorati dai prefetti per evitare ingerenze mafiose. Il ministero degli Interni chiede attenti controlli per gli interventi privati con contributi pubblici a partire da 500mila euro Passati al setaccio anche tutti i subappaltatori. (di Antonio Maria MIra)
COMMENTA E CONDIVIDI
​Le mafie puntano alla ricostruzione delle aziende emiliane colpite dal terremoto, considerandolo il settore «più allettante». È proprio nel settore industriale, infatti, che «è più avvertito il rischio di infiltrazioni criminali». L’allarme è del ministero dell’Interno che in un documento elaborato dal "Comitato di coordinamento per l’alta sorveglianza delle grandi opere" invita a «un accurato monitoraggio di questo insieme di interventi», che durerà sei mesi e riguarderà lavori privati svolti con contributi pubblici, a partire da 500mila euro. A svolgerlo saranno i prefetti di Bologna, Modena, Ferrara, Mantova, Reggio Emilia e Rovigo, in collaborazione coi Commissari delegati alla ricostruzione. Si tratta di "Linee guida" specifiche per i controlli sulla ricostruzione degli insediamenti produttivi che vanno ad integrare le "Linee guida" generali sui controlli antimafia dello scorso 9 novembre.Perché un documento dedicato agli insediamenti produttivi, oltretutto privati? «La sensibilità di questo settore – si legge nelle nuove Linee guida – risale ad una pluralità di ragioni (maggiore entità dei contributi, intrinseca urgenza degli interventi determinata dalla necessità di riprendere le attività produttive) che fanno sì che le organizzazioni criminali siano tentate di intravedere in questo "segmento" della ricostruzione opportunità più allettanti di ingerenza». Anche «attraverso sofisticate forme di schermatura giuridico-finanziaria di più difficile individuazione».Non tutti i lavori saranno tenuti sotto controllo, ma solo quelli per i quali i contributi pubblici siano di almeno 500mila euro. Dunque «più allettanti» per le cosche. Contributi che, ricorda il ministero, «sono destinati a finanziare gli interventi di demolizione, costruzione e ricostruzione di edifici, di rafforzamento strutturale e miglioramento sismico, nonché quelli riguardanti la realizzazione dei relativi impianti tecnologici (idraulici, elettrici, di riscaldamento e raffrescamento)». Insomma fior di lavori. Su questi scatterà il monitoraggio che, si legge ancora, «dovrà riguardare evidentemente, non solo l’impresa direttamente affidataria dei lavori o comunque delle prestazioni finanziate dai contributi pubblici, ma anche l’intera "filiera" dei relativi subappaltatori e sub-contraenti». Proprio dove sempre si nasconde meglio l’impresa mafiosa.Toccherà al Commissari delegati e ai Soggetti attuatori, comunicare alle Prefetture «i dati identificativi dell’impresa beneficiaria del contributo, dell’appaltatore diretto, nonché degli altri operatori economici della filiera». Mentre spetterà all’impresa beneficiaria del contributo, «inserire nel contratto stipulato con l’appaltatore diretto, clausole che impegnino quest’ultimo a comunicare» ai Commissari «l’elenco delle ditte della filiera e le eventuali variazioni che dovessero intervenire nel corso della realizzazione degli interventi finanziati» (altri "trucco" spesso usato dalla cosche).Sulle imprese della filiera scatteranno controlli e verifiche, sia sui documenti che «attraverso iniziative ispettive in cantiere» da parte del Gruppo interforze, composto dalle varie polizie, già previsto nelle Linee guida generali. Da questo punto di vista il ministero affida ai prefetti il compito di «individuare le tipologie di forniture, prestazioni e lavori più ricorrenti» e «enucleare le imprese che appaiono di maggiore interesse ai fini di mirati controlli». Ma, avverte, sarà «importante sottoporre a verifiche non solo, come è ovvio, gli operatori economici nei cui riguardi sono già emerse indicazioni di contiguità mafiosa possibile o conclamata, ma anche imprese che, non essendo mai state oggetto di controlli in precedenza, possono celare tentativi di ingerenza mafiosa rimasti occulti». Imprese apparentemente "pulite". Al termine del monitoraggio di sei mesi i Prefetti dell’area sismica predisporranno un rapporto conclusivo sia per individuare le tipologie più ricorrenti di lavori, sia sugli esiti dei controlli.
© Riproduzione riservata
COMMENTA E CONDIVIDI

ARGOMENTI: