Foto Vincenzo Pagliuca - Associazione 21 luglio
Dopo 30 anni di politiche etniche ghettizzanti, oggi in Italia ci sono le condizioni per superare la formula dei campi rom che hanno prodotto solo marginalità e violazioni dei diritti. In cinque anni il 37% dei rom è uscito autonomamente dalle baraccopoli, gli insediamenti formali sono calati da 148 a 109, le politiche virtuose di numerosi comuni - grandi e piccoli, con sindaci di destra o di sinistra - hanno eliminato i campi creando soluzioni abitative alternative. È la buona notizia del 6° Rapporto di Associazione 21 luglio, 102 pagine di analisi, dati e tabelle che fotografano l’emergenza abitativa dei rom in Italia.
Dal monitoraggio di questi anni emerge che i rom senza casa in Italia, cioé che vivono nelle baraccopoli, autorizzate o no, erano 28 mila nel 2016, e sono calati costantemente fino ai 17.800 di quest’anno. Di questi, 11.300 sono nei 109 insediamenti formali, altri 6.500 in insediamenti informali, di solito esito di sgomberi forzati. Diverse la cause del calo di presenze, secondo la ricerca: «Il desiderio delle nuove generazioni di intraprendere con successo percorsi di fuoriuscita autonomi, lo stato di abbandono e degrado di alcuni mega insediamenti giudicato insostenibile, il processo virtuoso di alcune amministrazioni, gli sgomberi forzati che hanno indirizzato le comunità in insediamenti informali o occupazioni di immobili». Calo di presenze anche nelle baraccopoli informali, passate da 10 mila a 6.500 presenze. E molte famiglie rom romene sono state spinte dalla pandemia a tornare in patria, giudicata più sicura sotto il profilo sanitario.
«L’Italia sta andando verso il superamento dei campi rom, nonostante alcuni fallimenti. Probabilmente - sostiene il presidente di Associazione 21 luglio, Carlo Stasolla - siamo a una situazione di non ritorno». L’ultimo nuovo campo rom comunale è stato quello inaugurato ad Afragola (Napoli) il 4 ottobre 2018. «Alcuni comuni ancora effettuano operazioni di sgombero forzato o indotti - spiega Stasolla - senza prevedere soluzioni abitative alternative. Sono fallimenti delle politiche comunali. Esiti provocati dalla mancanza di volontà o dalla incapacità degli amministratori». Il risultato degli sgomberi? «Sperpero di denaro pubblico, violazioni di diritti, esodo verso micro-insediamenti informali in anfratti o boscaglie, che aumentano il rischio di marginalizzazione e pongono le premesse per ulteriori sgomberi». Il decreto 17 del 2020, convertito nelle legge 27/2020, ha stabilito una moratoria durante la pandemia delle esecuzioni di sgombero. Diversi comuni poi hanno intrapreso negli ultimi anni percorsi di superamento dei campi rom: Moncalieri, Torino, Sesto Fiorentino, Palermo, Ferrara, Siracusa, Olbia e altri ancora.
«Il campo rom nasce per una precisa volontà politica, sarà superato solo per una precisa volontà politica», sintetizza Carlo Stasolla. L’Italia storicamente registrava una presenza di rom italiani arrivati a partire dal XV secolo: rom abruzzesi, celentani, basalisk, pugliesi e calabresi. Più i sinti, divisi in 9 macrogruppi. Poi, con la scomparsa di Tito nel 1980 e la dissoluzione della Jugoslavia tra 1991 e 2001, cambia tutto: «Eventi che hanno creato un flusso di profughi cui non è mai stato riconosciuto lo status di rifugiati - spiega Stasolla - per i quali sono stati creati baraccopoli su base etnica, periferiche, recintate e controllate. A Roma il maggior numero di campi formali, 13, avviati nel 1994 dal sindaco Francesco Rutelli».
Per Associazione 21 luglio il superamento dei campi rom in Italia «deve abbandonare l’approccio etnico delle leggi ad hoc e delle politiche speciali, ma affrontare il problema del’emergenza abitativa senza distinzioni etniche: in Italia riguarda circa 50 mila persone tra rom, immigrati e italiani». Bocciato il piano rom della sindaca uscente Virginia Raggi «fatto di 45 sgomberi forzati, 12 milioni di euro spesi, diritti lesi e molta propaganda», Stasolla sostiene che il nuovo sindaco «dimostrerà di voler superare i campi se chiuderà entro i primi 100 giorni l’ufficio speciale rom». Il candidato dem Roberto Gualtieri «affronta il tema nel suo programma alla voce "Diritto alla casa", anche se mantiene un approccio etnico». Enrico Michetti di Fdi invece «al capitolo "Sicurezza" di un programma che è un copia e incolla di quello di Gianni Alemanno, tanto che cita il censimento del 2008 della Croce Rossa su 300 insediamenti, che oggi sono 130».