giovedì 18 dicembre 2008
A Udine la "clinica della morte" è pronta a ricevere Eluana, ma chiede che la Regione condivida la scelta. Il governatore Tondo se ne lava le mani: «È un atto tra privati». E poi indietreggia:;«Non si può scaricare tutto su di noi». Cresce il sostegno alla direttiva del ministro Sacconi che vieta la sospensione di cibo e acqua. Il costituzionalista Mirabelli: atto perfettamente legittimo. Tettamanzi: rispettare la vita dall'inizio alla fine. E Fini: «Il Parlamento deve legiferare al più presto».
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L'ipotesi di trasferimento di Eluana Englaro alla clinica "Città di Udine", dove sarebbe privata dell'alimentazione e dell'idratazione, sarebbe sfumata. Il trasferimento era già saltato martedì notte dopo che il minsitro Sacconi aveva emanato un atto di indirizzo che vieta a tutte le strutture sanitarie pubbliche e convenzionate di sospendere alimentazione e idratazione di malati disabili gravi (come nel caso di Eluana). I legali della famiglia Englaro erano tornati però all'opera per trovare il modo di aggirare il divieto del ministro, anche se Sacconi aveva chiaramente ribadito che nel caso procedesse, la clinica "Città di Udine" perderebbe la convenzione con il sistema sanitario nazionale. «Da noi tutto è pronto e non è cambiato nulla rispetto a ieri», aveva detto Roberta Zavagno, portavoce della struttura privata udinese. E ieri sera la struttura udinese aveva confermato la disponibilità ad assistere Eluana Englaro nei suoi ultimi giorni di vita, a patto però che la Regione Friuli Venezia Giulia si prendesse la responsabilità di condividere questo percorso di "pietas". Invece il governatore Renzo Tondo ha declinato ogni responsabilità nella vicenda: «Ribaltare le scelte sulla Regione come viene chiesto oggi mi sembra francamente una cosa su cui al momento non voglio esprimermi». E ancora: «La Regione farebbe un errore a produrre atti politici. La scelta migliore è rimanere nel riserbo. La scelte politiche su un tema così alto farebbero male a noi stessi, a Englaro e alla politica se aprissimo un dibattito».Fini: «Il Parlamento deve legiferare». La vicenda di Eluana Englaro «è una questione di fronte alla quale ciasuno si confronta con la propria coscienza», ma il Parlamento «non può sfuggire al dovere di legiferare». Lo ha detto il presidente della Camera, Gianfranco Fini, durante lo scambio di auguri di fine anno con la stampa parlamentare. «Quando la scienza porta il proprio confine più avanti - ha aggiunto Fini - il legislatore deve rispondere, altrimenti si crea un vuoto legislativo. Mi auguro che il Parlamento non si sottragga».LA GIORNATA DI IERII radicali e l'Aduc volgiono denunciare Sacconi per «violenza». I radicali hanno preannunciato una denuncia contro il ministro Sacconi per violenza ipersonale aggravata nei confronti del personale sanitario della clinica "Città di Udine". Denuncia contro Sacconi anche da parte dell'associazione dei consumatori Aduc per interruzione di un ufficio o servizio pubblico o di un servizio di pubblica necessità violenza privata attraverso minaccia di un male ingiusto. L'Aduc, che ha inviato alla Procura della Repubblica presso il Tribunale di Roma un esposto denuncia, si rifrisce alle dichiarazioni di Sacconi che minaccia di revocare la convenzione con la "clinica della morte" qualora venga fatta morire Eluana.  Mirabelli: decisione Sacconi compatibile con Cassazione. A dare spessore giuridico alla decisione del ministro Sacconi era intervenuto ieri mattina l'ex presidente della Corte Costituzionale Cesare Mirabelli, in una intervista a ilsussidiario.net. Secondo Mirabelli non c'è contraddizione tra l'atto del ministro Sacconi e la sentenza della Cassazione sul caso Englaro: «Non si tratta di una direttiva che va 'contrò la sentenza della Cassazione - premette Mirabelli -, perchè si pronuncia su una situazione che riguarda molte persone ed è rivolta alle strutture sanitarie, nel pieno esercizio di una competenza che il ministro ha. La sentenza che riguarda Eluana autorizza il tutore ad attuare quella che è stata ritenuta - esattamente o meno - la volontà di Eluana: l'atto di indirizzo e coordinamento si rivolge invece alle strutture sanitarie, che non sono le destinatarie del provvedimento, dal momento che la sentenza non le obbliga a cooperare a quella richiesta».«Io credo - dice ancora Mirabelli - che questo atto, che legittimamente, per quanto riguarda le competenze, il ministro ha compiuto, abbia una sua efficacia e quindi se qualcuno ritiene che ci sia la lesione di un diritto o una illegittimità può rivolgersi alle sedi giudiziarie competenti. Ma l'atto, nello stato in cui si trova, è valido ed efficace».Volontè (Udc): governo può impedire esecuzione. C'è comunque chi crede che il governo possa andare anche oltre l'atto di Sacconi. È il caso del deputato Udc Luca Volontè secondo cui «il ministro del Welfare ha fatto tutto ciò che poteva. Il governo può e deve andare oltre: approvi immediatamente un decreto, così come suggerito dal presidente emerito della Corte Costituzionale Piero Alberto Capotosti, che impedisca a chiunque di dare attuazione alla sentenza di morte per Eluana Englaro emessa dalle supreme magistrature», ha detto «Tutti - prosegue Volontè - seppure una certa magistratura incivile vorrebbe imporre il contrario, hanno diritto all'alimentazione e all'idratazione in tutte le strutture del Sistema sanitario nazionale».Tettamanzi: rispettare la vita dall'inizio alla fine. Pur non citando esplicitamente il caso di Eluana Englaro, il cardinale Dionigi Tettamazi, arcivescovo di Milano, ha fatto un «richiamo al rispetto e alla promozione della vita dall'inizio alla fine in qualsiasi situazione essa venga a trovarsi», nell'omelia della messa di Natale al cantiere del nuovo palazzo della Regione. Tettamanzi ha parlato dei «diversi attentati alla vita umana». «Mi riferisco a tantissime vicende - ha osservato il cardinale - a tantissime persone umane perchè gli attentati sono diversissimi». Si tratta di attentati che vanno «contro il diritto frontale di ogni essere umano che è il diritto alla vita». Non a caso, nell'omelia l'arcivescovo ha ricordato i 60 anni della carta dei diritti dell'uomo. «Se il diritto alla vita non è rispettato - ha aggiunto - tutto il gran parlare che facciamo dei diritti della persona umana non sono una realtà concreta e vera ma solo un parlare». Secondo l'arcivescovo, proprio «laddove c'è la fragilità là urge il rispetto ancora di più e si fa ancora più forte l'impegno alla promozione della vita».Formigoni: sorpreso dal livello di cinismo dei giudici. Sulla vicenda è intervenuto anche il presidente della Regione Lombardia Roberto Formigoni, il quale riferendosi agli interventi dei giudici della Cassazione che ieri hanno ribadito come la sentenza che permette di togliere il sondino dell'alimentazione a Eluana Englaro resta esecutiva nonostante l'atto di indirizzo del ministro del Welfare Maurizio Sacconi, dice di essere «amaramente sorpreso del livello di cinismo con cui ieri si è risposto alle esigenze sollevate». Formigoni è da sempre assolutamente contrario alla decisione di togliere il sondino e parla di una «sentenza tribunalizia che dice di mandare a morte Eluana Englaro». Definisce «intollerabile» che una decisione di questo tipo sia presa da un giudice. «C'è una ragazza che continua a vivere per quanto in condizioni difficili - aggiunge - e c'è chi vuole assisterla».Civiltà Cattolica: in gioco i pilastri della nostra civiltà. Se oggi finisse per prevalere la logica  dei giudici della Corte di Cassazione, che hanno autorizzato la sospensione di cibo e acqua per Eluana Englaro, «cadrebbe uno de pilastri della nostra civiltà, non solo cristiana, ma anche umana». È quanto sostengono, in un editoriale, i gesuiti di Civiltà Cattolica. La situazione di Eluana Englaro,si è chiusa legalmente - ricordano i gesuiti dell'autorevole rivista - il 13 novembre scorso con la sentenza della Corte di Cassazione. Ma la questione morale rimane tuttora aperta, avvertono. Infatti, spiegano, «la persona che si trova in stato vegetativo permanente è un essere umano e quindi conserva la propria dignità e ha diritto al nutrimento; nutrire tale persona e prestarle l'assistenza di base - osservano - non è un atto terapeutico, ma un mezzo naturale, ordinario e proporzionato di conservazione della vita; la somministrazione di acqua e cibo non è un accanimento terapeutico».   Per questi motivi, di «ordine religioso-cristiano ma anche semplicemente umanitario», la Chiesa cattolica - affermano i gesuiti - «impegna tanti cristiani, in particolare medici, operatori sanitari, religiose, nella cura e nell'assistenza delle persone che vivono in condizioni di estrema precarietà una vita che ad alcuni pare aver perduto non solo ogni dignità ma anche ogni senso». E qui arriva l'affondo: «Guai - ammonisce Civiltà Cattolica - se prevalesse oggi tale mentalità: cadrebbe uno dei pilastri della nostra civiltà, non solo cristiana, ma anche umana».
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