sabato 20 dicembre 2008
Il sottosegretario al Welfare aderisce all'appello della famiglia Englaro al silenzio di giornali e politici sulla vicenda, ricordando come il ministero abbia dovuto fare chiarimenti su quello che è diventato un caso pubblico, non più solo privato. Intanto un associazione ricorre al Tar contro Sacconi.
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«Ho solo detto che rispetterò il silenzio chiesto dalla famiglia Englaro. Ma ribadisco con forza che dall’atto di indirizzo del ministro Sacconi non si torna indietro». È esplicita Eugenia Roccella, sottosegretario al Welfare, soprattutto quando vede che le sue dichiarazioni di rispetto nei confronti del padre di Eluana sono state subito deformate e lette come un "dietro front" del ministero. «È doveroso da parte mia chiarire che la nostra posizione pubblica, espressa da quell’atto di indirizzo, non cambia», spiega. Il ministro Sacconi, dunque, è sempre più fermo nel ribadire che tutte le strutture inserite nel Servizio sanitario nazionale si devono uniformare al dovere di garantire a qualunque persona disabile il diritto a nutrizione e idratazione. «Del resto avevamo già chiarito bene tutti gli aspetti che riguardano il Servizio sanitario nazionale e le sue ambiguità». Non tutti, però, pare siano stati recepiti, se dal Friuli ancora qualcuno arriva a ipotizzare la possibilità di portare alla morte Eluana sì nella casa di cura "Città di Udine", ma in un’ala particolare, precisamente nelle cinque stanze dell’area privata riservata ai solventi (i pazienti che pagano). Un cavillo bizzarro, una sorta di "porto franco" dove etica, sanità e giustizia seguirebbero regole proprie: «Sono esterrefatta che si possa pensare a una soluzione burocratica e formale di questo genere - risponde il sottosegretario -. L’atto di indirizzo riguarda l’intero Sistema sanitario, dunque vi è compreso ogni tipo di soggetto erogatore, che sia accreditato, convenzionato o pubblico. Non esiste una forma di extraterritorialità... Meglio parlare di cose serie». Come la convenzione Onu sulla disabilità, cui - ricorda la Roccella - l’atto di Sacconi fa riferimento, una «normativa internazionale sulla quale il governo 15 giorni fa ha approvato il disegno di legge di ratifica». Vi si dice che un disabile non può essere privato di acqua e cibo e «non esiste nessun soggetto nella sanità che possa non attenersi a questo principio fondamentale. Si può decidere di non volerlo rispettare, ma allora ci si assume tutte le responsabilità del caso». Quanto alle «soluzioni surrettizie» che proliferano di questi tempi, come quella di una "carta sul fine vita" da far formalizzare ai notai (e dalla quale però i notai stessi hanno subito preso le distanze), «il Parlamento si è impegnato con una mozione bipartisan a legiferare già a primavera, non vedo il motivo di queste forzature». Intanto il segretario nazionale de La Destra, Francesco Storace, ha inviato ad Antonino Agosto, proprietario della Casa di Cura "Città di Udine", una lettera aperta: «La supplico di evitare una tragedia. Le scrivo a seguito delle notizie che riguardano la giovane Eluana Englaro. Apprendo che questa ragazza, il cui destino colpisce l’intera Nazione sarebbe destinata a morire di fame e di sete presso la clinica di cui lei è proprietario a Udine. La supplico di evitare una tragedia. Nella speranza di un atto compatibile con un’etica comune». Ma la casa di cura fa sapere che attende solo «un rapido e definitivo approfondimento sull’atto di indirizzo del ministro Sacconi» e «mantiene immutata la disponibilità all’accoglimento di Eluana Englaro». Lo afferma in una nota l’amministratore delegato della struttura friulana convenzionata con il Servizio sanitario, Claudio Riccobon, che chiede «un chiarimento in ordine ai rispettivi ambiti di competenza di Regione e ministero in quanto la casa di cura - puntualizza - deve agire in un quadro di certezze e di garanzie».
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