giovedì 13 febbraio 2014
​Alto il rischio di astensione nelle elezioni regionali del 16 febbraio. La ricostruzione dopo l'alluvione di tre mesi fa è ancora al palo, 1.500 famiglie restano fuori casa. di Paolo Viana
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Chiedigli per chi voterà domenica e vedrai le sue mani chiudersi a pugno. «Mi sono pentito di aver lasciato la Svizzera; là pagavo più tasse ma avevo dei diritti, qui sono abbandonato dallo Stato. E adesso andate, lasciatemi lavorare che devo rifare la mia casa...». Non scherzate con la rabbia sorda dei sardi. È con questi badili a forma di mano che gente come Sergio Degortes si è costruito la casa sul greto del fiume. Il rio Siligheddu voleva portarsela via, il 18 novembre, poi ha deciso di rubare altre vite. «Per fortuna so fare il muratore, ma né dallo Stato né dalla Regione ho visto un soldo» borbotta congedandoci. Il Comune gli manderà un assegno da 800 euro una tantum, dovrebbero servire a ricomprare il mobilio. Altri non ne vedrà. I milioni stanziati per l’emergenza sono già impegnati, il patto di Stabilità impedisce di attingere alla cassa del Municipio (in assenza di una deroga sarà impossibile mettere in sicurezza gli edifici scolastici, rivelano in Regione) e comunque non c’è certezza sui numeri. La stima ufficiale del fabbisogno pubblicata dal governo per la ricostruzione (650 milioni) non solo è inferiore a quanto certificato dai comuni (Olbia ne ha chiesti duecento e le comunità coinvolte sono ottanta) ma anche ai dati che circolano al ministero delle infrastrutture, secondo cui ci sarebbero 600 milioni di danni al solo patrimonio pubblico, 150 sulle strade. Finora lo Stato ha stanziato 170 milioni. Di questi, solo 70 si potranno spendere nel 2014.È chiaro che il disastro in Gallura mette sulle elezioni regionali sarde un’ipoteca che nessun candidato è in grado di accollarsi. Tre mesi dopo l’alluvione che ha devastato la Sardegna nordorientale facendo 20 morti e un disperso, l’emergenza è chiusa solo sulla carta. Ci sono ancora 1.500 famiglie fuori casa. Chi da parenti. Chi in affitto. Don Andrea Raffatellu, parroco della Sacra Famiglia, attesta che «questa città è stata salvata dalla solidarietà dei sardi. I volontari hanno permesso all’isola di non affogare del tutto. Oggi non distribuiamo più materassi e vestiti come nei mesi scorsi, ma è letteralmente esplosa la povertà e si cerca di contenerla pagando fitti e bollette». I contributi di autonoma sistemazione ammontano a 200 euro. Molti preferiscono vivere nelle case ancora fradicie. Quasi tutte le 800 ordinanze di sgombero sono state ritirate di fronte all’impegno di bonificare gli ambienti e queste sembrano essere le uniche promesse degne di credito. I candidati sorridono come sempre dai manifesti elettorali ma la gente ha altro per la testa e i grandi partiti sanno che il vero nemico da battere è l’astensionismo. Stando ai sondaggi potrebbe sfiorare il 50%. Berlusconi e Renzi battono l’isola per evitare che urne troppo vuote premino Grillo, il quale non ha un proprio candidato e cerca di intestarsi la protesta silenziosa. Per esorcizzarla, è chiaro, non basta invocare «un piano di liberazione dal rischio idrogeologico» (Cappellacci, centrodestra), né annunciare «misure strutturali e non strutturali per ridurre gli effetti e gli impatti degli eventi di piena» (Pigliaru, centrosinistra) o promettere che «il primo territorio in cui ritornerò se diventerò presidente sarà la Gallura» (Murgia, Sardegna possibile). Come dice Mirko Idili, segretario della Cisl: «Ora ci devono dire una volta per tutte con quali risorse, tempi e interventi affronteranno le nostre tragedie. E non mi riferisco solo al dissesto idrogeologico ma anche ai 1.700 lavoratori di Meridiana in cassa integrazione e senza un piano industriale, all’energia che costa il 30% in più, alla continuità territoriale che è rimasto uno slogan, alla zona franca di cui tanto si discute». Si discute di tante cose, in Gallura. Della decisione di vietare tutti i lavori nell’area alluvionata, che potrebbe essere presa dalla Regione nelle prossime ore, e del piano paesaggistico di Cappellacci che va nella direzione opposta. Il presidente di Confcommercio Italo Fara gli riconosce il merito di aver sbloccato la Olbia-Sassari ma per il resto non gliene perdona una: «Ha noleggiato una flotta marittima perdendo otto milioni di euro, quando tutti sanno che il turismo si sviluppa solo con il trasporto aereo». Il presidente interprovinciale dell’organizzazione è candidato nel centrodestra, eppure i commercianti accusano il governatore di «silenzio sull’agonia delle imprese alluvionate». Cappellacci fa notare che la Giunta ha messo sul tappeto dell’emergenza decine di milioni di euro, ma Fara spara a zero su Regione e Palazzo Chigi: «400 imprese olbiesi hanno subito 17 milioni di danni e non hanno avuto nulla – denuncia –. Quanto alla famosa moratoria tributaria è stata pensata per escludere le scadenze fiscali più importanti: oltre al danno, la beffa!». Con questo clima si dovrebbe andare a votare domenica.

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