sabato 9 marzo 2019
Mariano Crociata, vescovo di Latina e primo vicepresidente della Comece, parla delle sfide che attendono l'Unione. «No agli egoismi nazionali»
Monsignor Mariano Crociata (Ansa)

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Le istituzioni di Bruxelles dovrebbero spendersi per farsi conoscere meglio dai cittadini e impegnarsi per una maggiore solidarietà con e tra gli Stati membri dell’Unione. Anche per questo «l’Europa ha bisogno del cristianesimo», spiega monsignor Mariano Crociata, vescovo di Latina e primo vicepresidente della Commissione episcopale dei Paesi della Ue, che definisce le prossime elezioni per l’Europarlamento «un appuntamento decisivo».

Perché, a suo avviso, tra i cittadini europei si è diffusa molta sfiducia nell’Unione e nelle sue istituzioni?
Le motivazioni sono diverse. Sullo sfondo sta senza dubbio la crisi economica e l’incertezza occupazionale, e quindi la preoccupazione per il futuro e un bisogno diffuso di sicurezza. Pesa soprattutto una immagine degli organismi dell’Unione Europea che la fa apparire come un ente burocratico anonimo e indifferente ai problemi delle persone e dei popoli. L’Unione viene vista come un’autorità censoria e oppressiva. In tali condizioni diventa difficile percepire il lavoro che viene positivamente svolto dall’Unione.

Come recuperare la fiducia?
C’è bisogno di un rapporto più diretto, di comunicazione e di conoscenza tra le istituzioni europee e i popoli delle diverse nazioni. Il legame dei parlamentari con i rispettivi elettori dovrebbe venire coltivato di più. Manca spesso la solidarietà tra i paesi e dell’Unione verso ciascuno di essi, senza trascurare la sussidiarietà che deve salvaguardare la responsabilità di ciascuna nazione.

L’invito dei vescovi europei è per andare a votare, affinché l’Europa torni una comunità. È possibile?

Sì, con l’Unione si può crescere e vivere meglio; senza di essa si rimane condannati all’insignificanza e, soprattutto, all’impoverimento complessivo e alla soggezione verso i grandi poteri palesi e occulti che governano le sorti del pianeta. Per questo gli egoismi nazionali uccidono non solo l’Unione ma anche quella solidarietà senza la quale i singoli paesi sono destinati alla lunga a soccombere.

Quanto è distante il modello economico attuale dall’economia sociale di mercato che proponete?
Su questo punto la responsabilità è insieme politica e sociale. Oltre che fare appello ai doveri di chi sta a Bruxelles, bisogna sollecitare e animare un tessuto sociale capace di creare lavoro e ricchezza, una società civile che si esprima con i corpi intermedi e il Terzo settore. Regolamentazioni e indirizzi politici e legislativi, poi, devono scoraggiare concentrazioni economiche e finanziarie che soffocano l’iniziativa locale, la piccola e la media impresa. Per questo una scelta ampia e responsabile dei propri rappresentanti al Parlamento Europeo può determinare gli orientamenti che si assumeranno anche in questo ambito.

L’Europa di oggi è ormai molto secolarizzata. Si può ancora parlare di un Continente cristiano?
Guardini scriveva nei primi anni del secondo dopoguerra che l’Europa sarà cristiana o non sarà. Oggi i nostri paesi conoscono una pluralità religiosa e culturale avanzata. Se l’Europa è ancora oggi ciò che è, è perché ha alle spalle una imponente tradizione cristiana. L’identità europea svanirebbe senza di essa. Di questo dovremmo essere consapevoli tutti: l’Europa ha bisogno del cristianesimo. Ma si deve pure aggiungere che il cristianesimo ha bisogno dell’Europa. Non possiamo rinchiuderci nelle sacrestie né accettare di diventare minoranze settarie. E poi non ci si può nemmeno consolare perché il cristianesimo cresce altrove: il cristianesimo mondiale ha un bisogno vitale del cristianesimo europeo. E l’Unione ha bisogno del cristianesimo perché questa sua anima è in grado di motivare e sostenere una sua proiezione mondiale in un tempo in cui essa diventa più piccola, demograficamente ed economicamente, in un mondo in cui le potenze emergenti o affermate sono ormai altre. Dal cristianesimo proviene con forza l’indicazione convinta che il mondo ha bisogno dell’Europa, della sua cultura, della sua esperienza e della sua iniziativa. Per questo le prossime elezioni europee diventano un appuntamento decisivo.

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