venerdì 23 agosto 2019
Il Miur sta lavorando ad un decreto urgente per avviare l’insegnamento già da quest’anno scolastico e non dal 2020. Ma i presidi sono contrari: «Mancano ancora le linee guida», dice Giannelli (Anp)
Archivio Ansa

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Sull’educazione civica è ormai corsa contro il tempo, per introdurla già a partire dall’anno scolastico 2019-2020, nonostante la legge dica chiaramente che non è possibile. A poche ore dalla pubblicazione sulla Gazzetta Ufficiale della legge, la 92 del 2019, che introduce l’educazione civica tra le materia obbligatorie, i tecnici del Ministero dell’Istruzione sono al lavoro per scrivere un decreto urgente in grado di superare l’ostacolo del 1° settembre. Così, infatti, è scritto nella legge, all’articolo 2: «A decorrere dal 1° settembre del primo anno scolastico successivo all’entrata in vigore della presente legge, nel primo e nel secondo ciclo di istruzione è istituito l’insegnamento trasversale dell’educazione civica». Ora, siccome la legge entrerà in vigore il 5 settembre, il primo anno scolastico utile è il 2020-2021 e non, come vorrebbe il governo, il 2019-2020. Che, tra l’altro, il 5 settembre sarà già cominciato.

Da qui, la fretta del Miur di produrre un decreto, che potrebbe uscire già lunedì, per “imporre” alle scuole di attivare l’insegnamento, attuando un «provvedimento fortemente voluto dalla Lega», ha scritto, ieri su Facebook, il ministro Marco Bussetti. E, forse, sta proprio qui la “necessità e l’urgenza” del decreto che altrimenti, come ha fatto notare la rivista specializzata Tuttoscuola, un governo in carica per gli affari correnti non avrebbe nemmeno il potere di firmare.

«Si cerca di rimediare a quello che potrebbe sembrare una sconfitta politica – scrive Tuttoscuola – proponendo di considerare come inizio dell’anno scolastico (ma la legge non parla di inizio ma di 1° settembre), l’inizio delle lezioni, diverso da regione a regione, non tenendo conto che, dal 1° settembre le scuole sono già funzionanti con le attività di programmazione da parte dei docenti». Una soluzione del genere, secondo Tuttoscuola, non terrebbe conto della reale «fattibilità della legge», considerando unicamente «la facciata, l’impatto comunicativo, il vanto dell’obiettivo politico raggiunto». Anche a costo di gravare ulteriormente sulle scuole e i dirigenti. Che non vogliono nemmeno considerare un’eventualità di questo genere.

«Ormai è tardi, siamo abbondantemente fuori tempo massimo», fa notare il presidente dell’Associazione nazionale presidi, Antonello Giannelli. Che non è affatto entusiasta di una norma che costringerebbe le scuole ad attivare un insegnamento, ancora tutto sulla carta. «Le scuole non sono pronte – aggiunge il dirigente –. Mancano ancora le linee guida. Quando si pensa di emanarle? Ad anno scolastico avviato? E come le scuole potrebbero attuarle? Insomma, la toppa si rivelerebbe peggiore del buco, producendo un gran pasticcio».

Per Giannelli ci potrebbe essere un’unica via d’uscita: «Sfruttando l’autonomia scolastica, si potrebbe “invitare” le scuole ad introdurre nei propri Piani dell’offerta formativa (Pof) qualche contenuto della nuova legge. Fermo restando che, fino al 1° settembre 2020, resterà in vigore l’insegnamento “Cittadinanza e Costituzione” e che questa sarà la materia che sarà portata anche al prossimo esame di Maturità. Ogni altra ipotesi non è verosimile e non farebbe altro che ingarbugliare una matassa già sufficientemente confusa».

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