sabato 21 giugno 2014
Primo sì entro luglio. 95 eletti di secondo livello, 5 scelti dal Colle.
Ora l'Italicum. L'ombra di M5S sul patto Pd-Fi di G.Grasso
La forza gravitazionale del Pd di Francesco Riccardi
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Bicameralismo perfetto, dopo 67 anni l’Italia cambia davvero pagina. Ieri in Commissione affari costituzionali del Senato i relatori (Finocchiaro del Pd e Calderoli della Lega) hanno depositato gli ultimi venti emendamenti, frutto di un accordo ampio e condiviso, con la speranza di chiudere la prima lettura entro luglio. I senatori (che saranno 100, di cui 5 di nomina presidenziale) verranno eletti dai Consigli regionali tra i propri consiglieri (74) e tra i sindaci della Regione (21). Si sblocca così, con un compromesso, il nodo più intricato di questa faticosa partita sul futuro di Palazzo Madama, quello sull’elezione dei membri della seconda Camera. Sarà dunque un’elezione indiretta, come voleva Renzi, ma ci sarà la netta predominanza dei rappresentanti delle Regioni sui sindaci, come chiedeva Forza Italia. Il nuovo Senato avrà il potere di sindacare le leggi approvate dai deputati. Sulle leggi di rilievo costituzionale, sui trattati internazionali e sulle leggi che riguardano le Regioni e le autonomie, la procedura tornerà a essere quella bicamerale, con la doppia lettura paritaria; le leggi ordinarie saranno invece  approvate sempre in prima battuta dalla Camera. Un terzo dei senatori potrà chiedere l’esame e l’assemblea proporre modifiche entro 30 gioni. In questo caso la parola definitiva spetterà comunque all’assemblea di Montecitorio, che potrà accoglierle o rifiutarle con un voto stabilito entro 20 giorni. Il nuovo Senato non darà più la fiducia al governo, ma parteciperà all’elezione del capo dello Stato, dei giudici della Corte Costituzionale e dei consiglieri del Csm. Rispetto alle precedenti 'versioni', l’accordo di ieri prevede un potenziamento dei poteri e delle funzioni del Senato. I senatori avranno l’immunità parlamentare, come i deputati. Non essendoci più elezioni per il Senato, i senatori resteranno in carica per il tempo di durata del loro mandato a livello locale. Una legge stabilirà le procedure per la loro elezioni e la loro sostituzione. In sostanza, l’assemblea di Palazzo Madama sarà un palazzo con le porte girevoli : continuamente soggetta a parziali modificazioni, con senatori che escono ed altri che entrano. Ma non potrà essere sciolta. Tra le altre novità introdotte, che esulano dalla riforma del bicameralismo in senso stretto, la garanzia per il governo di veder approvati i propri disegni di legge entro un tempo stabilito (60 giorni). Questa  modifica, rilevante perché introdotta in Costituzione, dovrebbe consentire un minore ricorso alla decretazione d’urgenza, una delle patologie più volte segnalata dal presidente Napolitano. In cambio, si potenzia l’istituto della legge di iniziativa popolare: serviranno sì 300 mila firme al posto delle 50 mila, ma si stabiliscono tempi certi per la loro approvazione. In più si stabilisce che la Corte Costituzionale potrà dare il parere preventivo di costituzionalità sulle leggi elettorali. Importante anche il fronte del Titolo V della Costituzione, sui rapporti tra Stato centrale e enti locali. Salta la legislazione concorrente e tornano allo Stato centrale competenze esclusive su settori strategici come la scuola, l’energia,  il turismo.
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