IMAGOECONOMICA
Sono 200mila i lavoratori agricoli irregolari, braccianti vittime di sfruttamento e caporalato. Ben il 30% dell’intera forza lavoro del comparto agricolo, un settore che vale 73,5 miliardi di euro, ma che ancora tollera tantissimo lavoro nero, spesso vera schiavitù, che colpisce italiani e stranieri e tantissime donne, più di 55mila, doppiamente sfruttate. Sono alcuni dei preoccupanti dati del Rapporto Agromafie e Caporalato dell’Osservatorio Placido Rizzotto della Flai Cgil, giunto alla sua settima edizione, che fotografa un fenomeno che tocca tutto il Paese, come sottolinea Jean René Bilongo, presidente dell’Osservatorio.
Così abbiamo, ad esempio, tra gli 8mila e i 10mila lavoratori irregolari in Piemonte (2mila nella sola provincia di Asti), oltre 6mila in Trentino tra agricoltura e lavorazione delle carni, più di 10mila in Basilicata (5mila pendolari) tra i quali dei veri schiavi che in Val d’Agri ricevono 400 euro al mese, lavorando 7 giorni su 7, e circa 12mila in Calabria (5mila stagionali). E come aree di sfruttamento abbiamo in testa la Sicilia con 52, seguita dal Veneto con 44. Dati che spesso non combaciano con quelli istituzionali. Secondo gli ultimi dati disponibili del Ministero dell’Economia e Finanze (2020), l’insieme delle aziende, a prescindere dal settore produttivo, che utilizzano lavoro grigio sono circa il 30% e il lavoro nero il 10%. Eppure, i dati che emergono dal Rapporto Annuale 2023 dell’Inl, che dipende dal Ministero del Lavoro, ci parlano di un tasso di irregolarità pari al 69,8%, e nel settore agricolo, su un totale di 3.529 ispezioni concluse, 2.090 hanno rilevato delle irregolarità, pari al 59,2%. Nei controlli successivi alla drammatica morte del bracciante indiano Satnam Singh - che hanno riguardato, in tre operazioni distinte compiute dalle Forze dell’ordine il 3 luglio, il 25 luglio e nei primi 10 giorni di agosto 2024, 1.377 aziende agricole (in due mesi quasi la metà delle ispezioni effettuate in tutto il 2023) - è emersa una irregolarità che va dal 66% della prima ispezione, al 57% della seconda e al 53% della terza. «Peccato - denuncia il Rapporto - che però non si sia dato seguito e si sia ritornati nell’ordinarietà delle ispezioni che sono solo il doppio, in un intero anno, di quelle compiute soltanto nelle tre azioni tra luglio e agosto». Eppure altri dati confermano quanto siano importanti i controlli. Sono quelli relativi all’applicazione della legge n. 199 del 2016, la cosiddetta “legge anticaporalato”: nel 2023 sono aumentati i controlli effettuati (+140% rispetto al 2022), gli arresti (+80%) e soprattutto i reati ed gli illeciti amministrativi (+153%), così come le denunce (+207%).
Tanto lavoro nero, dunque e tanto “lavoro povero”. Le retribuzioni annue medie dei lavoratori agricoli arrivano a poco più di 6mila euro. «La maggior parte - denuncia il sindacato - sono al di sotto della soglia di povertà retributiva calcolata sul resto del settore privato». Così circa 160mila braccianti hanno rapporti di lavoro regolare nel corso dell’anno anche con altre imprese non agricole. Numeri in crescita, specie per la componente straniera, ma sempre con retribuzioni molto basse, non arrivando, con la somma di più occupazioni a 12mila euro lordi (meno di 10mila euro nel centro-sud). «Irregolarità e sfruttamento continuano a pesare molto sul modello produttivo del nostro sistema agricolo. Bisogna perlomeno triplicare già dal prossimo anno le ispezioni perché il numero attuale è assolutamente insufficiente», è il commento del segretario generale della Flai-Cgil Giovanni Mininni. «Bisogna cambiare il sistema radicalmente. Lo sfruttamento del lavoro è alla base, tutto lo sanno, della produzione agricola e incentrato su una legge sull’immigrazione che è da cancellare come la Bossi-Fini, che è la prima legge sulla precarietà di questo Paese», sottolinea Francesca Re David, segretaria confederale Cgil. Anche per il vicepresidente della Camera, Sergio Costa, già generale dei Carabineri forestali, «bisogna abrogare la Bossi-Fini per riscriverla completamente». E critica la norma del governo che prevede «i controlli annunciati con anticipo alle aziende. È ridicolo». Tende la mano il sottosegretario all’Agricoltura, Patrizio La Pietra. «Il caporalato e le agromafie hanno radici antiche, non addebitabili a questo o altro governo, ma sono un problema composito, anche culturale, che può essere sconfitto solo con un lavoro sinergico da parte di istituzioni politiche, sindacali e di tutti i cittadini. Il tavolo di confronto aperto il 21 giugno tra istituzioni, parti sociali, sindacali e datoriali, presso il ministero del Lavoro, va esattamente in questa direzione».
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