giovedì 11 febbraio 2021
La questione dei partiti nell’esecutivo sarà sciolta nel colloquio finale con Mattarella. I nodi delle riconferme di Di Maio e Speranza e dei leader incompatibili, di Pd e Lega
Mario Draghi, premier incaricato, durante uno degli incontri di ieri

Mario Draghi, premier incaricato, durante uno degli incontri di ieri - Ansa

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Mario Draghi intravede l’ultimo miglio. Domani o al massimo sabato mattina l’ex presidente della Bce dovrebbe sciogliere la riserva e salire al Quirinale con una lista di ministri ancora aperta e da definire con Sergio Mattarella. Come prevede la Costituzione, tanto più in un governo come questo nato da un appello del capo dello Stato. Poi i ministri giureranno e verrà stilato il programma con il quale il governo si presenterà alle Camere per la fiducia.

Al Quirinale Sergio Mattarella può tirare ormai un sospiro di sollievo. L’azzardo - imposto dagli eventi - compiuto mettendo in campo senza rete, ossia senza garanzie preventive dei partiti, il nome più prestigioso sulla scena internazionale, ottiene già i primi risultati, nel risparmio che si registra grazie al calo dello spread e nella fiducia della gente che emerge dalle rilevazioni. Ma soprattutto è incoraggiante, dopo le prime resistenze, la risposta venuta dai partiti. Un po’ come accade alla vigilia dei mondiali di calcio, quando si diventa tutti tifosi della nazionale, in cui militano calciatori di compagini fra loro rivali.

L’occhio di riguardo che il presidente incaricato ha mostrato di avere per il travaglio del M5s - incontrando, con garbo istituzionale, il presidente dimissionario a Palazzo Chigi, per poi telefonare anche a Beppe Grillo, e aspettando ora la decisione della piattaforma Rousseau - a ben vedere, è una buona notizia per tutti i partiti. Perché Draghi in questo modo mostra di non essere l’algido tecnico che arriva dai santuari della finanza internazionale ignaro delle regole della politica, ma un tecnico di consumata esperienza anche politica che cerca l’interlocuzione con tutti, a partire, appunto, dal partito di maggioranza relativa.

Il colpo di teatro ieri, alle 18.30, è stato abilmente affidato a una voce neutra e autorevole, come il Wwf, che ha annunciato, attraverso la sua presidente Donatella Bianchi che ci sarà un ministero della Transizione Ecologica. Meno di un’ora e mezza ed ecco prendere corpo il quesito per la piattaforma M5s in cui proprio la previsione del nuovo ministero diventa un punto cardine da poter offrire a una base ancora in larga misura recalcitrante.

Draghi non ha ricevuto in questi giorni sollecitazioni particolari da Mattarella, e anche sul Colle viene giudicato positiva l’evoluzione avvenuta nel M5s e il contributo al dibattito interno venuto da Grillo e da Conte. Altrettanto positivamente viene valutata la posizione assunta da Matteo Salvini e il ruolo avuto da Giancarlo Giorgetti nella Lega. Più scontati ma certamente importanti, anche i "sì" venuti da Forza Italia e Pd, entrambi incardinati nella "maggioranza Ursula" in Europa, e bene anche Matteo Renzi per il ruolo più defilato assunto dopo la rottura della precedente maggioranza di cui è stato protagonista.

Con una maggioranza ampia e che non conferisce a nessuno poteri di veto il nuovo governo Draghi può entrare nel vivo. Lo conferma la presenza, in queste ore, a Roma, di tutti i leader, da Berlusconi a Grillo, da Renzi a Zingaretti, a conferma dell’accelerazione in arrivo. Finite anche le consultazioni delle parti sociali, da oggi pomeriggio, quando anche il sì dei 5 Stelle sarà acquisito, Draghi potrà passare alla formazione della squadra.

Nessuna fretta, però. Lo schema di Draghi prevede che venga affidata a tecnici di piena fiducia tutta la filiera legata al Recovery plan: Economia, Infrastrutture, Affari Europei, Lavoro, come il nuovo ministero della Transizione ecologica, mentre è in bilico anche la Pubblica amministrazione.

La Giustizia, che di fatto ha decretato la fine del Conte 2, dovrebbe altrettanto essere affidata anch’essa a un tecnico, con l’ex presidente della Consulta Marta Cartabia data per favorita.

A ministri politici dovrebbero andare gli Esteri, l’Interno, la Difesa, la Sanità, gli Affari Regionali, i Beni culturali, la Pubblica istruzione e i Rapporti col parlamento. In alto mare ancora la lista dei rappresentanti politici. Dopo la disponibilità di Matteo Salvini, nome che crea fibrillazione in tutto il fronte della ex maggioranza, da ieri è emersa anche la disponibilità di Nicola Zingaretti.

Ma è probabile che i leader si elidano a vicenda, proprio per non entrare nei giochi dei veti incrociati o creare squilibri. Per la Lega potrebbero alla fine entrare i meno divisivi Giancarlo Giorgetti e Riccardo Molinari, per il M5s che avrebbe diritto a tre caselle, con Luigi Di Maio potrebbero entrare Stefano Patuanelli e Stefano Buffagni, ma si pensa anche a una donna, con la possibile riconferma di Paola Pisano.

Per Italia Viva viene data per scontata la riconferma di Teresa Bellanova, Probabile per Leu la conferma di Roberto Speranza mentre per Forza Italia potrebbe entrare Antonio Tajani. Toccherà a Mattarella vigiliare che la lista finale corrisponda a quel «governo di alto profilo che non debba identificarsi con alcuna formula politica» da lui auspicato.

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