venerdì 19 aprile 2024
Il sacerdote ha investito tutto nella sua fondazione dedicata a giovani che vivono contesti difficili, anche di camorra. Piantedosi ha tenuto fede alla promessa fatta a una bambina in ottobre
Don Luigi Merola e i suoi ragazzi

Don Luigi Merola e i suoi ragazzi - Dal Web

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«Tutto è nato dalla richiesta di una bambina che frequenta la fondazione, fatta al ministro Piantedosi quando ci ha fatto visita l’ottobre scorso. “Ministro – disse la bambina −, vorremmo tanto poter visitare Roma, ma don Luigi non ha i soldi per portarci tutti”. Il ministro rispose prontamente: “Vi prometto che vi porteremo tutti a Roma”», racconta don Luigi Merola, presidente della fondazione “’A voce d’ ’e creature”, che sorge in un bene confiscato a un camorrista non molto lontano dalla stazione di Napoli Centrale. La promessa fatta dal ministro dell’Interno a quella bambina e agli oltre 100 ragazzi che frequentano la sede della fondazione diventerà realtà oggi, quando saranno ricevuti al Viminale da Piantedosi e dal capo della polizia, Vittorio Pisani, pranzeranno con entrambi, per poi essere portati a visitare il Colosseo e infine ricondotti a casa con i tre pullman che il ministro ha messo a loro disposizione.

L’invito a don Merola e ai ragazzi è arrivato immediatamente dopo l’intimidazione subita dal sacerdote venerdì scorso: il vetro dell’auto di servizio, con la quale viene scortato da un agente, è stato trovato in frantumi e il lampeggiante è stato portato via. Don Merola è sotto scorta da vent’anni, cioè da quando era parroco nel centro storico di Napoli, a Forcella, e dopo l’assassinio della quattordicenne Annalisa Durante lanciò dure invettive contro il clan camorrista dei Giuliano. Per questo motivo fu minacciato ripetutamente di morte. «L’invito che ci hanno fatto il ministro Piantedosi e il capo della polizia Pisani è un modo per dire ai nostri ragazzi che lo Stato è un loro alleato, non un loro nemico – dice il sacerdote −. Molti di questi ragazzi provengono da contesti difficili, alcuni di loro hanno i genitori in carcere. Sono abituati a vedere i poliziotti arrivare in auto per portare via il loro papà. Ora, quegli stessi poliziotti verranno a prenderli fino a Napoli, li porteranno a Roma nel palazzo in cui si decide la sicurezza del Paese e li accompagneranno a casa».

Lì, al Viminale, i ragazzi di don Luigi canteranno le canzoni del musical simbolo della gioventù “difficile” di Napoli, “Scugnizzi”, e intoneranno l’inno nazionale. Nella sua fondazione e in quel centro che attualmente ospita oltre 100 bambini e adolescenti e ne ha ospitati migliaia da quando è nato nel 2007, il sacerdote ha investito tutti i soldi che aveva sul proprio conto corrente. Li aveva guadagnati nei ruoli dirigenziali che gli erano stati affidati da vari governi. Erano gli anni in cui la camorra lo braccava ed era stato costretto a lasciare Forcella. «Ero giovane, agivo d’istinto», dice ora don Luigi, che un giorno, con un gesto eclatante, smantellò le telecamere con cui il clan Giuliano controllava le strade del quartiere. Anche lontano da Forcella, il sacerdote napoletano aveva però un sogno nel suo cuore: «Fare la cittadella dei bambini». L’ha fatta poi, ristrutturando in buona parte con i suoi soldi una villa confiscata a un boss della camorra. Finora è andato avanti solo con le donazioni dei privati e con il 5xmille. Venerdì scorso, la mente di don Luigi è tornata agli anni di Forcella, quando i camorristi arrivarono anche a puntargli la pistola contro. Proprio ora che tutto stava procedendo bene, che la sede della sua fondazione diventerà un centro diurno finanziato con fondi pubblici e che ci si stava preparando ad aprire un’altra sede a Castel Volturno per i figli dei migranti, grazie alla donazione di una benefattrice. Dopo l’intimidazione subita la settimana scorsa, don Luigi ha ricevuto un’altra chiamata molto gradita: quella dell’arcivescovo di Napoli, Mimmo Battaglia. «Mi ha detto che si farà carico del danno subito perché “quello che appartiene a te appartiene anche a noi, e toccare te è toccare noi”».

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