
Per 5 anni a don Samuele Marelli, sacerdote dell’arcidiocesi di Milano, sarà proibito di risiedere nel territorio della Chiesa ambrosiana. E, sempre per 5 anni, gli sarà proibito «l’esercizio pubblico del ministero sacerdotale». Sarà «perpetua», invece, la proibizione di «cercare contatti volontari con minori, se non alla presenza di un accompagnatore maggiorenne». Per 10 anni sarà privato della «facoltà di confessare e di poter svolgere attività di direzione spirituale». Perpetua, infine, «la proibizione» di «cercare contatti volontari, attraverso qualunque mezzo, con persone che erano canonicamente domiciliate a Seregno nel periodo in cui don Samuele ha svolto ivi il ministero sacerdotale».
Questa la pena inflitta a don Marelli dal Tribunale ecclesiastico, che lo scorso giovedì 24 aprile ha concluso il primo grado di giudizio del processo canonico nel quale era imputato il sacerdote, già direttore della Fom (Fondazione oratori milanesi) dal 2008 al 2017, a carico del quale la Procura di Monza aveva aperto un fascicolo d’inchiesta per presunti abusi sessuali su minori, che si sarebbero verificati quando don Marelli era vicario della comunità pastorale “San Giovanni Paolo II” di Seregno (Monza) e, in essa, responsabile della pastorale giovanile – incarichi affidatigli dal 2017.
A rendere noti questi provvedimenti, la lettera che monsignor Michele Elli, vicario episcopale per la Zona V (Monza), ha indirizzato ai fedeli della Comunità pastorale “Giovanni Paolo II”, comunicazione che lo stesso Elli ha letto al termine della Messa celebrata domenica 27 aprile alle 11 nella parrocchia di San Giuseppe, a Seregno. «Il Tribunale ecclesiastico incaricato» ha comunicato all’arcivescovo di Milano, Mario Delpini, «di aver riconosciuto la colpevolezza di don Samuele, in riferimento a due fattispecie delittuose per l’ordinamento canonico – spiega la lettera di monsignor Elli –: atti contro il sesto comandamento del decalogo con minore da parte di un chierico (can. 1398 § 1, 1°) e atti contro il sesto comandamento del decalogo da parte di un chierico con persona maggiorenne, compiuti tramite abuso di autorità (can. 1395 § 3)». Sesto comandamento: «Non commettere atti impuri». Da qui, la pena inflitta al sacerdote.
«Ogni pena canonica è sempre finalizzata ad ottenere il ristabilimento della giustizia, il pentimento del reo e la riparazione dello scandalo (cfr. cann. 1311 § 2 e 1341) ed è pertanto uno strumento che la Chiesa fa suo per custodire il bene di tutti fedeli», prosegue la lettera di monsignor Elli. Che precisa: si tratta di una sentenza in primo grado di giudizio. Perciò «è soggetta a possibile appello e non è dunque da considerarsi come definitiva. Nel mentre, rimangono in essere le misure cautelari imposte al sacerdote, al quale continua pertanto ad essere proibito l’esercizio pubblico del ministero al di fuori del luogo della sua attuale dimora, nonché il contatto volontario con i fedeli della comunità di Seregno».
«In questa domenica in cui celebriamo la “Divina misericordia” – prosegue il vicario episcopale – esprimo nuovamente la vicinanza a tutte le persone coinvolte e che hanno sofferto per questa vicenda, nonché a tutta la comunità cristiana che vive un momento di turbamento e di ferita. I fatti accaduti ci spronano a ricercare una sempre migliore formazione di tutti coloro che svolgono un servizio educativo nelle comunità cristiane, una prevenzione più efficace e una condivisione delle scelte e degli stili educativi». Infine: «Ringrazio coloro che in questa difficile situazione hanno sostenuto e incoraggiato il cammino di tante persone e dell’oratorio».
Le prime segnalazioni all’arcivescovo Delpini di «comportamenti non appropriati da parte di don Marelli», rispetto «al proprio ministero di sacerdote e al proprio ruolo di educatore» – ricordava una nota della diocesi di Milano diffusa a fine marzo 2025 – risalgono al dicembre 2023, al periodo delle festività natalizie. Subito, a titolo prudenziale, era stato chiesto a don Marelli di allontanarsi da Seregno e di sospendere qualunque attività pastorale, per poi procedere alla verifica delle segnalazioni ricevute secondo le competenze dell’autorità ecclesiastica. Già nel febbraio 2024 veniva avviata la cosiddetta “indagine previa”, i cui atti sono stati inviati in Vaticano, al Dicastero per la Dottrina della fede. Quindi il processo canonico in primo grado di giudizio, avviato dal Tribunale ecclesiastico regionale lombardo nel giugno del 2024.
La risposta della Chiesa non si era limitata al processo. «Tutte le energie di sacerdoti, laici e laiche della comunità di Seregno – sottolineava la nota diffusa dalla diocesi a fine marzo – sono da mesi indirizzate ai ragazzi, ai giovani e alle loro famiglie, che stanno affrontando un tempo di analisi dell’accaduto, insieme a qualificate professioniste, che li sostengono e li affiancano, ascoltando e accogliendo le loro sofferenze, preoccupazioni e interrogativi». La parrocchia, l’arcivescovo Delpini «con i suoi collaboratori» e «l’intera comunità diocesana – si leggeva infine nella nota – sono vicini alle persone coinvolte».