sabato 25 febbraio 2023
Sfida tra visioni politiche molto diverse. Iscritti e simpatizzanti chiamati a scegliere il segretario. Il primo scoglio di un partito in cerca d’autore è l’affluenza: obiettivo minimo un milione
La sfida delle primarie del Pd. Elly Schlein e Stefano Bonaccini in unmomento di tregua, alla chiusura della campagna elettorale del Partito Democratico per le elezioni regionali in Lombardia

La sfida delle primarie del Pd. Elly Schlein e Stefano Bonaccini in unmomento di tregua, alla chiusura della campagna elettorale del Partito Democratico per le elezioni regionali in Lombardia - Ansa

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Arriva al traguardo il lungo (troppo, a detta di tutti) percorso del Congresso del Partito democratico. Dopo mesi di passaggi procedurali, il voto degli iscritti nei circoli incorona Stefano Bonaccini ed Elly Schlein per la sfida finale. Gianni Cuperlo entra in Assemblea, mentre Paola De Micheli, non raggiungendo il 5 per cento, dovrebbe restare ai box. Domani, dalle 8 alle 20, si apriranno i 5.500 seggi, e questa volta non si voterà solo nei gazebo e nei circoli: bar, rosticcerie, centri di ritrovo, sedi Arci verranno messi a disposizione. Oltre alla possibilità di voto on line prevista per studenti e lavoratori fuori sede e per chi ha problemi di salute, purché abbiano provveduto per tempo a registrarsi sulla piattaforma dem (dovrebbero essere più o meno duemila).

Insomma, si farà di tutto per incoraggiare la partecipazione. L’affluenza è di certo il primo scoglio. Da giorni, addirittura, si consultano le app meteo, per timore che la pioggia potrebbe scoraggiare gli elettori. Al voto sono ammessi tutti i cittadini italiani dai 16 anni in su e gli stranieri residenti nel nostro Paese. Ci si dovrà presentare con un documento di riconoscimento e versare 2 euro. Nel corso degli anni il dato dei votanti si è più che dimezzato. Dagli oltre tre milioni che nel 2007 incoronarono Walter Veltroni, si è passati al milione e 600 mila che elesse Nicola Zingaretti nel 2019.

Oggi nessuno si sente di fissare l’asticella. Solo Schlein confida che si possa arrivare al milione e magari anche di più. Con i dati delle regionali così preoccupanti, al Nazareno si teme che non si superino i 700 mila partecipanti. Mentre Bonaccini preferisce prenderla con filosofia: «Ci faremo bastare quelli che verranno».

Il dato finale, comunque, non sarà irrilevante, perché misurerà la forza del vincitore, che con un numero di consensi maggiore potrà contare su una investitura piena. Il lavoro che attende il successore di Enrico Letta non è leggero. Il nuovo segretario dovrà rimettere in piedi un partito che ha progressivamente perso consensi, dopo due scissioni pesanti, e che contemporaneamente ha visto crescere, poi calare e di nuovo crescere il M5s, che continua in parte a pescare nello stesso bacino di voti. Di più: il Movimento di Conte da tempo sta cercando di accreditarsi come riferimento degli stessi mondi un tempo appalto dei dem, dalla Cgil all’associazionismo, specie per la posizione critica sul continuo invio di armi a Kiev e sull’assenza di iniziative per il cessate il fuoco.

E allora il nuovo segretario dovrà fare delle scelte. Sul sostegno bellico all’Ucraina, Bonaccini e Schlein hanno sensibilità non troppo diverse: chiedono entrambi tavoli di pace, ma finora non si sono mai discostati nel voto dalle scelte fatte ai tempi del governo Draghi. La pasionaria di Occupy Pd è più vicina alle posizioni pacifiste, ma dovrebbe comunque fare i conti con la linea della Ue.

E sempre nell’ottica di un confronto o di un dialogo con i 5 stelle, una delle battaglie che il nuovo Pd dovrà fare è quella per il Reddito di cittadinanza. I dem non hanno gradito la decisione del governo di tagliare la misura. Mentre invece nutrono poche speranze per il salario minimo, per il quale comunque in Parlamento il Pd ha presentato a inizio legislatura una proposta di legge che riprende il lavoro fatto con il governo Draghi. E di certo il nuovo partito secondo entrambi i candidati, dovrà riappropriarsi delle battaglie per il lavoro e per il clima.

Quanto invece all’organizzazione interna, sia Bonaccini che Schlein assicurano di voler cambiare la classe dirigente. Ma soprattutto sganciare il Nazareno dalle correnti. La vecchia guardia ha partecipato in sordina alla battaglia congressuale. Per lo più, ricorda ogni giorno il governatore emiliano, i capicorrente «sono sul carro di Elly»: da Franceschini a Orlando, da Zingaretti a Speranza, a Bettini. La deputata dem ricorda che invece con il suo avversario ci sono le capogruppo e molti ex renziani, come Luca Lotti.

Di sicuro il nuovo Pd avrà molti nomi nuovi, come dimostrano le liste per l’Assemblea. Quelle di Schlein al femminile, molto giovani (anche Sardine). Quelle di Bonaccini con una netta prevalenza di amministratori locali.

Un capitolo complicato è quello delle alleanze. C’è tempo, considerato che alle europee del 2024 si voterà con il proporzionale. Entrambi i candidati leader concordano che divisi si lascia un’autostrada alla destra e che sarebbe bene organizzare quanto prima una opposizione unita. Ma se Bonaccini allargherebbe il dialogo a Terzo polo e M5s, Schlein non mostra grande interesse a riallacciare con Renzi e Calenda.

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