martedì 6 maggio 2014
Negli ultimi 15 anni sono più di 3 milioni: ma nessuno è perduto per sempre. Il governo ha messo in campo progetti per 15 milioni di euro.
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Hanno abbandonato la scuola, alcuni magari da anni, ma non devono sentirsi esclusi dal grande evento di sabato in piazza San Pietro: papa Francesco aspetta anche loro, perché nessuno va considerato perduto per sempre. Negli ultimi quindici anni, secondo il dossier di Tuttoscuola recentemente presentato alla Camera, gli studenti che hanno interrotto gli studi superiori senza conseguire un diploma sono più di tre milioni, pari al 31,9% di tutti gli iscritti. Il dato dell’ultimo anno parla di un tasso di dispersione del 28% che, in valori assoluti, significa che oltre 167mila ragazzi hanno smesso di frequentare le lezioni. Un numero enorme, se confrontato con l’obiettivo Europa 2020, fissato dalla Commissione Europea al di sotto del 10%. Un traguardo irraggiungibile, per l’Italia, che secondo le proiezioni del Ministero dell’Istruzione, fra sei anni avrà ancora un tasso di dispersione scolastica del 16%.Strettamente legato al fenomeno degli abbandoni è quello dei Neet, acronimo che sta per Not in education, employment or training ed indica i giovani tra i 16 e i 29 anni che non studiano, non lavorano e non sono inseriti in percorsi formativi. Le ultime rilevazioni parlano di più di 2 milioni di persone, il 23,9% di quella fascia di popolazione (rispetto a una media europea del 15,4%), con punte del 37,7% in Sicilia.«Molti di quei quasi 3 milioni di ragazzi dispersi negli ultimi 15 anni sono diventati Neet – osserva il dossier di Tuttoscuola –. Non sarebbero così numerosi se almeno una parte di loro avesse continuato a studiare o a seguire corsi di formazione professionale, come avviene in altri Paesi (in Germania i Neet sono il 9,7%, in Francia 14,5% e nel Regno Unito il 15,5%)».Numeri impietosi rispetto ai quali il governo è corso ai ripari destinando 15 milioni di euro per finanziare progetti didattici contro la dispersione proposti dalle scuole. L’obiettivo è attivare programmi di didattica integrativa e innovativa, anche attraverso il prolungamento dell’orario scolastico nelle ore pomeridiane. Inoltre, la legge “L’istruzione riparte”, approvata a novembre, prevede la possibilità, per le scuole, di stringere alleanze con le associazioni di volontariato sempre in chiave anti-dispersione, promuovendo, per esempio, corsi di dopo-scuola e di recupero dei debiti formativi. In molte realtà territoriali, questa forma di collaborazione è già una realtà consolidata con buoni risultati.«Dobbiamo rendere la scuola più attraente e capace di entusiasmare i ragazzi – sottolinea il sottosegretario all’Istruzione, Angela D’Onghia, che ha ricevuto la delega sulla dispersione – svecchiandola nei contenuti. La scuola deve recuperare centralità nella vita dei giovani e questo è un percorso che va iniziato a partire dalla scuola dell’infanzia».Da imprenditrice di lungo corso, il sottosegretario ricorda anche l’importanza del potenziamento del rapporto tra la scuola e il mondo del lavoro, due universi ancora troppo distanti, che l’elevato tasso di dispersione scolastica non contribuisce certo ad avvicinare. Un “disperso”, infatti, farà sempre più fatica ad inserirsi in un contesto lavorativo e, per renderlo “impiegabile”, la società dovrà accollarsi spese maggiori.«Il dialogo tra scuola e lavoro può essere favorito da un più efficace orientamento dei giovani e delle famiglie», aggiunge il sottosegretario D’Onghia, che guarda con grandi aspettative all’ormai prossimo avvio del semestre di presidenza italiana del Consiglio dell’Unione Europea, previsto il 1° luglio. «Certamente può essere un incentivo a fare meglio – conclude D’Onghia – e lo stesso presidente del Consiglio Renzi ha già detto che alla scuola sarà riservata un’attenzione particolare, perché l’istruzione riguarda almeno dieci milioni di italiani, tra studenti e personale».
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