martedì 8 luglio 2014
L'amarezza dei vescovi calabresi dopo l’omaggio al boss durante la processione.
Normalità del bene, ciò che teme il boss di A. M. Mira | Bindi: «Fede strumentalizzata»
Feste “bonificate” grazie alle parrocchie
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​Entro pochi giorni, la Conferenza episcopale calabra si riunirà per una "riflessione" sulla scomunica ai mafiosi pronunciata da papa Francesco a Sibari e per elaborare una strategia concreta che impedisca un altro «caso Oppido». Salvatore Nunnari, arcivescovo di Cosenza-Bisignano e presidente dell’assemblea dei vescovi regionali, esprime la sua amarezza per la vicenda dell’"inchino" alla casa del boss Mazzagatti durante la processione di domenica. E a nome di tutti i presuli calabresi esprime solidarietà al vescovo di Oppido Mamertina-Palmi, Francesco Milito, che ha annunciato di essere pronto ad assumere «provvedimenti energici» sull’accaduto.Il parroco che presiedeva la processione, don Benedetto Rustico, ha dichiarato di aver consegnato una relazione in curia, affermando di non essere stato messo al corrente dei rischi dal maresciallo dei carabinieri. Una nota della diocesi sottolinea che chi ha responsabilità «è chiaramente lontano da ogni pur minimo spirito di fede pura, retta ed autentica». Il vescovo Milito definisce «temerario gesto di blasfema devozione» la sosta davanti alla casa del boss e ritiene una «giusta reazione», quella avuta dal comandante della stazione dei carabinieri. Poi sottolinea che l’assenza di un atteggiamento simile «sia da parte dei partecipanti alla processione, sia da parte del clero e di membri vicini alle attività della Chiesa», esprime come «anche in settori della vita ecclesiale vige ancora un inaccettabile atteggiamento non solo di mancanza di rispetto delle regole canoniche che disciplinano le processioni in diocesi, ma anche della libertà d’azione e di comportamento profetico che dovrebbe essere stile abituale dell’agire cristiano». Una presa di posizione alla quale, precisa la curia, seguiranno i provvedimenti sia per «la difesa e la protezione del clero impegnato in prima linea e delle loro comunità ecclesiali», sia perché «abbiano il sopravvento lo splendore del volto santo della diocesi, le grandi potenzialità e i desideri di rinascita».Da parte sua, la Conferenza episcopale calabra è pronta a ripartire proprio dalla purificazione della religiosità popolare. Secondo Nunnari, i vescovi possono arrivare al punto di proibire le processioni se si verifica che «i portatori assumono atteggiamenti anarchici». «In alcuni casi si teorizza un rapporto personale con il santo che esclude quasi la Chiesa dal rito: se ciò avviene – afferma il presule – i parroci devono abbandonare le processioni, che così diventano eventi folkloristici senza nessuna valenza religiosa». Si tratta della linea adottata dalla diocesi di Reggio Calabria-Bova, dove l’arcivescovo Giuseppe Fiorini Morosini ha inviato una lettera ai sacerdoti ricordando un decreto emanato nel febbraio scorso che vieta soste non autorizzate e raccolte di offerte durante le processioni religiose, imponendo la cancellazione del rito nei casi in cui tali norme non fossero rispettate.Non sono però gli episodi isolati che, aggiunge Nunnari, possono far parlare di una «Chiesa connivente» con la ’ndrangheta: «Non permettiamo a nessuno di sostenere una tesi del genere. È vero invece, come ho scritto nella mia lettera pastorale, che le omelie non bastano più e che serve un ulteriore sforzo nell’educazione delle coscienze».Da Cassano Jonio, anche il vescovo Nunzio Galantino, segretario generale della Cei, torna sul significato originario della processione intesa come «metafora del cammino dell’uomo» e ricorda che «questo suo significato di coinvolgimento popolare ha portato, nel passato, anche la Chiesa a permettere che fosse organizzata e vissuta dal popolo». Oggi però, ammonisce il presule, «in questo popolo, si inserisce chi, attraverso quel gesto, vuole rifarsi una verginità e questa è una grande contraddizione, perchè magari fanno offerte con denaro ricavato succhiando sangue alla povera gente. È un meccanismo di strumentalizzazione dell’emotività dei fedeli». «Voglio ricordare – aggiunge Galantino – che la Madonna, come la Chiesa, si inchina davanti alla sofferenza, alla debolezza, non certamente davanti alla malavita e all’arroganza».
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