venerdì 8 novembre 2019
Sentenza di primo grado sui derivati che hanno nascosto le perdite. Per l’ex presidente Mussari e il dg Vigni oltre 7 anni di carcere. Minestroni: «È solo il primo di tre tronconi di questa vicenda»
La lettura della sentenza al Tribunale di Milano (Fotogramma)

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Secondo i giudici della seconda sezione penale del Tribunale di Milano le complesse operazioni derivate elaborate tra il 2008 e il 2012 dagli ex manager del Monte dei Paschi di Siena, di Deutsche Bank e di Nomura servivano a nascondere le enormi perdite nel bilancio della banca toscana. Ieri, dopo 6 ore di camera di consiglio e 100 udienze, il presidente del collegio Lorella Trovato ha letto la sentenza di primo grado sulla vicenda che ha portato al dissesto di Mps, la più antica banca del mondo ancora in attività. Gli imputati erano accusati di reati finanziari diversi: false comunicazioni sociali, aggiotaggio e ostacolo alle Autorità di vigilanza.

Giuseppe Mussari, ex presidente di Mps e anche dell’Abi, è stato condannato a 7 anni e 6 mesi di carcere. L’ex direttore generale Antonio Vigni a 7 anni e 3 mesi mentre l’ex responsabile dell’area finanza Gianluca Baldassarri a 4 anni e 8 mesi. Condanne fino a 4 anni e 8 mesi per sei ex manager Deutsche Bank e 2 ex manager della giapponese Nomura. Il tribunale ha anche disposto la confisca di 64,8 milioni di euro a Deutsche Bank e 88 milioni a Nomura. Diversi imputati sono stati anche condannati a risarcimenti minori verso associazioni di consumatori, autorità di vigilanza, altre parti civili. A Mussari e Ivor Scott Dunbar, ex managing director di Deutsche Bank, sono state negate le «attenuanti generiche» concesse agli altri imputati.

È la prima sentenza di un processo che si era aperto a Siena e trasferito a Milano, per competenza, nel 2015. Al centro i derivati Santorini e Alexandria, il prestito ibrido Fresh e la cartolarizzazione Chianti Classico. Tutte operazioni che sarebbero servite a occultare le perdite, nell’ordine di 2 miliardi di euro, causate dall’acquisto di Antonveneta, che Mps aveva faticosamente conquistato nel 2008 pagandola (o stra-pagandola) 10 miliardi. I difensori hanno preannunciato l’intenzione di ricorrere in appello.

«Questa sentenza ha ridato dignità agli azionisti» commenta Mauro Minestroni, avvocato di parte civile nella causa contro gli ex manager di Mps. «Questo – ricorda Minestroni – è solo il primo dei tre tronconi di questa complessa vicenda finanziaria che vede coinvolta la più antica banca del mondo. Il secondo filone già in dibattimento riguarda il procedimento per false comunicazioni sociali per i bilanci 2012-2013-2014 nei confronti del "nuovo management" che vede imputati Alessandro Profumo, ex presidente Mps, Fabrizio Viola, ex direttore generale e Paolo Salvatori, ex presidente del collegio sindacale, per aver mantenuto in bilancio l’errata contabilizzazione dei derivati Alexandria e Santorini. Un terzo filone è attualmente dinanzi al Gip di Milano Salvini e riguarda la mancata tempestiva svalutazione degli NPL (crediti in sofferenza) nei bilanci Mps. Il Gip accogliendo la mia opposizione alla richiesta di archiviazione ha disposto nuove indagini; questa potrebbe essere l’ultima occasione per la costituzione di parte civile per tutti quegli azionisti che ad oggi sono rimasti finora fuori».


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