martedì 27 novembre 2018
Le indagini della Guardia di finanza hanno svelato una «consolidata prassi di assenteismo ingiustificato»
Uno degli indagati mentre timbra al posto del collega

Uno degli indagati mentre timbra al posto del collega

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Lui accompagnava la figlia a scuola, mentre lei timbrava anche il cartellino del marito. È soltanto una delle tante storie di ordinaria “furbizia”, svelate dalle indagini della Guardia di Finanza, che hanno portato alla denuncia di 42 impiegati dell'assessorato alla Salute della Regione Sicilia, a Palermo. Le Fiamme gialle hanno posto agli arresti domiciliari undici dipendenti, mentre ad altrettanti è stato notificato l'obbligo di firma e ulteriori 20 sono stati denunciati in stato di libertà. Secondo la Procura di Palermo dalle indagini è «emersa una consolidata prassi di assenteismo ingiustificato» con «presenze fittizie debitamente e furbescamente certificate».

Più di un dipendente su cinque barava

Dalle indagini è emerso che più di un dipendente su cinque truffava sulla presenza al lavoro negli uffici dell'assessorato regionale alla Salute. Grazie a tre computer, alcuni impiegati riuscivano a segnare le presenze anche senza badge. Una “furbata” utilizzata dai
lavoratori infedeli per lasciare il luogo di lavoro senza perdere un euro di stipendio. Tra gli indagati c'è, appunto, una coppia: lui accompagnava la figlia a scuola e l'andava a prendere all'uscita, lei timbrava il cartellino del marito. Le telecamere piazzate dai finanzieri hanno anche immortalato la convivente di un impiegato che si intrufolava in assessorato per timbrare la fine del turno di
lavoro, mentre il suo compagno si trovava altrove.

Rubate oltre 400 ore di lavoro

«Quello che impressiona in questa indagine iniziata nel 2016 - spiega il comandante del Gruppo di Palermo della Gdf, Alessandro Coscarelli - è il numero di impiegati finiti nell'inchiesta: 42 su 200 che con disinvoltura hanno segnato 400 ore mai rese. L'indagine è iniziata dopo una segnalazione molto circostanziata fatta al 117 sull'assenza costante di alcuni dipendenti. Poi le indagini sono riuscite a ricostruire il fenomeno e le modalità con le quali i dipendenti riuscivano, grazie ad una rete di complicità, a garantire la presenza mentre si trovavano fuori per sbrigare faccende private».

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