domenica 4 giugno 2017
Il Pd al primo test (parziale) post-scissione. M5S alle prese con gli ex. Crescono le civiche.
Dalle Comunali la prova con vista sulle politiche. Ecco chi e dove si vota
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Domenica 11 giugno si vota in 1.021 Comuni dislocati in tutte le regioni (796 a statuto ordinario e 225 a statuto speciale). Alle urne andranno, per eleggere il sindaco, i cittadini di 25 capoluoghi di provincia, di cui 4 sono anche capoluogo di regione (Catanzaro, Genova, L’Aquila, Palermo). Ben 7 città superano i 100mila abitanti: Genova, Monza, Padova, Palermo, Parma, Piacenza, Taranto e Verona. Due curiosità: per Mappano, centro urbano in provincia di Torino istituito nel 2013, sarà la prima volta, mentre il comune più piccolo al voto sarà Blello (Bergamo) che conta solo una settantina di abitanti.

La data del voto per la tornata amministrativa 2017 è stata stabilita dal ministro dell’Interno, Marco Minniti, con un proprio decreto: è l’11 giugno. Le urne saranno aperte dalle ore 7,00 alle 23,00 in tutti i comuni chiamati a rinnovare le amministrazioni. Qualora nessun candidato raggiunga la soglia del 50% più uno, si tornerà a votare la seconda domenica successiva, quindi il 25 giugno, per scegliere tra i due candidati che al primo turno hanno ottenuto il maggior numero di voti (è il ballottaggio). In Valle d’Aosta e Trentino Alto Adige (Regioni a statuto speciale) si è già votato il 7 maggio scorso.

Nei Comuni con più di 15mila abitanti si vota con una sola scheda. Si può esprimere il proprio voto tracciando un segno sul simbolo di una lista (assegnando così la preferenza anche al candidato ad essa collegato); contrassegnando il nome del candidato, anche non collegato alla lista indicata (voto disgiunto), ed eventualmente indicando due nomi per le preferenze; tracciando un segno solo sul nome del sindaco senza votare per le liste. Le preferenze devono per forza indicare due candidati di genere diverso. Nei Comuni fino a 15mila abitanti si vota con una sola scheda per eleggere sia il Sindaco che i consiglieri comunali. I due voti sono collegati.

Con i big four della politica italiana intenti ad accordarsi sul sistema elettorale (e lo scenario delle urne anticipate sullo sfondo), domenica prossima andranno alle urne i cittadini di 1.021 Comuni, chiamati a rinnovare le loro amministrazioni. Un voto che risponde a logiche e strategie particolari, spesso dettate da situazioni specifiche visto anche il forte peso delle liste civiche.

Tuttavia, una qualche indicazione a livello nazionale Lega, M5S, Pd e Forza Italia potrebbero ricavarla, visto il numero di aventi diritto chiamati ad esprimersi (circa 10 milioni). Matteo Renzi potrà finalmente misurare la sua forza dopo la scissione dei bersaniani (ma il discorso vale anche per loro) ed eventualmente ritrovarsi tra le mani qualche dato utile da sciorinare nell’imminente campagna elettorale.

C’è poi da capire quale sarà il risultato dei grillini e degli ex militanti del Movimento in corsa. Lega e Fi dovranno verificare se esiste ancora un’alleanza tra loro spendibile anche sul nazionale. Osservati speciali i pentastellati, che sui risultati delle precedenti tornate amministrative hanno costruito buona parte della loro fortuna politica. Questa volta, però, troveranno più di una difficoltà: Parma, che regalò al Movimento la prima significativa vittoria, è divenuta il feudo del più illustre fuoriuscito dai 5 Stelle, Federico Pizzarotti. Domenica il sindaco uscente metterà alla prova la sua creatura 'Effetto Parma', il movimento da lui fondato dopo lo strappo con Grillo, e un rinnovato successo potrebbe addirittura portarlo a valutare la possibilità di un allargamento in senso nazionale della sua lista.

Anche Genova, città natale del leader pentastellato, vede il Movimento partire svantaggiato, e non è soltanto una questione di numeri: il caso Marika Cassimatis (vincitrice delle 'comunarie' on-line bocciata a posteriori da Grillo) ha segnato il cammino del partito in città e la professoressa, assieme all’altro fuoriuscito Paolo Putti (anche lui candidato), potrebbe rosicchiare una buona manciata di punti al designato ufficiale Luca Pirondini (per l’istituto Demos di Ilvo Diamanti sono circa sei).

Sul voto ai grillini, vista l’assenza di alleanze sul territorio (nella maggior parte dei casi), influirà soprattutto la capacità attrattiva del leader e la proposta politica nazionale. La scelta di apporre la croce sul simbolo dei pentastellati potrebbe quindi dare qualche indicazione più utile sulle future intenzioni di voto. Una differenza notevole rispetto alle strategie degli altri partiti, invischiati in alleanze territoriali che su scala nazionale sembrano invece aver già esaurito il loro corso.

La stagione dei grandi sindaci, cominciata con la riforma basata sull’elezione diretta introdotta nel 1993 (che lanciò figure come Francesco Rutelli, Antonio Bassolino, Riccardo Illy, Massimo Cacciari, Enzo Bianco, tramutandoli poi in leader anche nazionali), sembra una realtà lontana da questa tornata che tra l’altro, esclusi Palermo e Genova, non riguarda grandi centri metropolitani. E però proprio il capoluogo siciliano sarà sotto osservazione per la presenza di Leoluca Orlando, in cerca dell’ennesima riconferma (sarebbe la quinta in 32 anni). La situazione nella città è ancora molto confusa, ma diversi sondaggi danno il sindaco uscente con possibilità di vittoria già al primo turno. Questa volta Orlando avrà per di più l’appoggio del Pd, che nelle elezioni precedenti aveva invece sostenuto Fabrizio Ferrandelli (candidato anche questa volta, ma con il centrodestra). Il sostegno dei democratici è assicurato dalla lista nata dalla fusione del Pd locale con Area popolare (Democratici e Popolari), specchio dell’alleanza di governo ormai giunta al suo epilogo. Ma è singolare che lo stesso candidato è sostenuto anche da Articolo 1.

Democratici e scissionisti saranno uniti anche a L’Aquila dove appoggeranno Americo Di Benedetto. Il 49enne già sindaco di Acciano dovrà vedersela con Pierluigi Biondi, che ha dietro le spalle forzisti e salviniani. Il centrodestra unito, se risulterà vittorioso in un numero sufficiente di realtà, potrà così offrire una sponda abbastanza solida a quella parte di forzisti che continua a caldeggiare l’opportunità di un’unione a destra. Tra questi c’è certamente il capogruppo alla Camera, Renato Brunetta, che anche ieri ha ribadito quanto un’alleanza sia fondamentale: «Noi puntiamo al centrodestra unito di governo per vincere tanto le amministrative, dove abbiamo dappertutto fatto candidati in comune, quanto le prossime elezioni politiche. Questa è la nostra unica prospettiva: Forza Italia, Lega, Fratelli d’Italia, e tutte le altre formazioni politiche che si riconoscono nella nostra area».

Riassumendo, il voto di domenica prossima, al netto delle dinamiche locali, sarà utile per fare chiarezza su molti aspetti della politica nazionale forse anche sulla tenuta del patto per il sistema 'tedesco'. Un Pd vittorioso darebbe a Renzi una forza contrattuale maggiore per chiudere al più presto la partita. Viceversa, una sconfitta (ma questo vale per tutti) potrebbe rallentare e rendere più prudenti i fan del voto anticipato a tutti i costi, facendo riconsiderare la possibilità di andare alle urne in autunno.

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