mercoledì 14 giugno 2023
L’ex premier ha sempre respinto accostamenti alla mafia e alle stragi ma in appunti di Falcone erano registrati i rapporti con Cinà, Grado e Mangano, poi assunto ad Arcore
Vittorio Mangano, l'ex stalliere della villa di Silvio Berlusconi ad Arcore

Vittorio Mangano, l'ex stalliere della villa di Silvio Berlusconi ad Arcore

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L’ex premier ha sempre respinto accostamenti alla mafia e alle stragi ma in appunti di Falcone erano registrati i rapporti con Cinà, Grado e Mangano, poi assunto ad Arcore. Il caso degli attentati alla Standa e il timore che i figli fossero sequestrati. Ad avanzare sospetti sui finanziamenti a Edilnord fu anche il giornale della Lega Molte le vicende che hanno collegato Silvio Berlusconi a “cosa nostra”. Storie “antiche”, sull’imprenditore, ma anche più recenti. Inchieste aperte, chiuse e riaperte. Proprio come l’ultima, quella che lo vedeva coinvolto con Marcello Dell’Utri nel capitolo dei “mandanti esterni” degli attentati mafiosi del 1993 a Firenze, Roma e Milano. Un’inchiesta che intreccia mafia, servizi segreti, settori della massoneria vicini alla P2 di Licio Gelli, alla quale Berlusconi era iscritto. In un primo tempo lo negò, e venne condannato per falsa testimonianza, condanna estinta per sopravvenuta amnistia. Risultava iscritto dal 26 gennaio 1978, tessera n.1816, scherzava, lui costruttore, sulla qualifica di “muratore”. Negava di aver mai avuto vantaggi da quell’iscrizione ma appena due mesi e mezzo dopo cominciò a collaborare, con importanti articoli in seconda e terza pagina, col Corriere della sera, allora finito nelle mani degli uomini di Gelli. In particolare si scagliava contro le banche e certi «trattamenti preferenziali, economicamente e moralmente assurdi ».

Ma pochi anni dopo la Commissione d’inchiesta sulla P2, presieduta da Tina Anselmi, denunciava il ruolo di Gelli e dei suoi uomini proprio sul sistema bancario citando alcuni imprenditori, tra i quali Berlusconi, che avrebbero trovato «appoggio e finanziamenti al di là di ogni merito creditizio ». Secondo il settimanale Il Candido diretto da Giorgio Pisanò, ex repubblichino e senatore dell’Msi, e poi anche La Padania, a finanziare Edilnord, la prima società di Berlusconi, era stato Michele Sindona, banchiere legato alla mafia e piduista. Berlusconi nel 2000 disse che «i tribunali hanno stabilito che gli iscritti alla P2 non commisero alcun reato, e quindi essere stato piduista non è titolo di demerito».

Ma l’ultimo processo per la strage alla stazione di Bologna del 2 agosto 1980 ha accertato la responsabilità di Licio Gelli come finanziatore dell’attentato. Tra gli esecutori Paolo Bellini, terrorista neofascista legato ai servizi segreti, condannato all’ergastolo lo scorso 6 aprile 2022, che sta ora parlando alla Dda di Firenze e a quelle di Raggio Calabria e Caltanissetta che indagano sulle stragi del ’93 e del ’92. Perché c’è ancora molto da chiarire. Solo nel dicembre 2017, l’ex collaboratore dei due magistrati uccisi a Capaci e via D’Amelio, Giovanni Paparcuri, ha scoperto un breve appunto del 1989 di Falcone nel quale aveva scritto «Cinà in buoni rapporti con Berlusconi.

Berlusconi dà 20 milioni a Grado e anche a Vittorio Mangano». Un appunto più volte sottolineato, in particolare i nomi di Berlusconi e di Mangano, il mafioso (anche Cinà e Grado lo erano) assunto nel 1973 come stalliere ad Arcore da Berlusconi, grazie all’amicizia con Dell’Utri. In realtà, come disse Borsellino nell’ultima intervista il 21 maggio 1992, era «uno di quei personaggi che erano “i ponti”, le teste di ponte dell’organizzazione mafiosa nel Nord Italia». Su cui Palermo stava indagando da tempo. Lo confermano due rapporti dei carabinieri di Corleone proprio a Falcone. Sono del dicembre 1990 e del febbraio 1991. Avvenire ne scrisse nel marzo 1994, dopo che erano stati acquisiti dalla commissione Antimafia, presieduta da Luciano Violante. Si parlava dell’acquisizione da parte di Berlusconi di supermercati in Sicilia per il gruppo Standa, di intrecci tra mafia, massoneria, imprese. Ma anche dei 4 attentati ai supermercati della Standa, a Catania e Paternò, tra gennaio e febbraio 1990. « È chiaro che il Dr. Berlusconi è a conoscenza dei motivi che hanno determinato i noti incendi delle filiali Standa di Catania», scrivevano i carabinieri a Falcone. Sottolineando come un’altra filiale a Corleone fosse stata aperta solo dopo «il risolutivo intervento di Francesco Grizzaffi, nipote del latitante Riina Salvatore».

Berlusconi non hai mai dato risposte su questi fatti. Vittima o altro? Estorto o complice? Di certo negli anni ’70, per timore dei sequestri, fece vivere per alcuni mesi i figli in Spagna. In un progetto di sequestro sarebbe stato coinvolto il mafioso Nino Grado, proprio quello citato da Falcone. Ma poi intervenne l’amico Dell’Utri che, ricordiamo, è stato condannato definitivamente per concorso in associazione mafiosa. E l’assunzione di Mangano fu una garanzia. Sufficiente? Secondo altri collaboratori di giustizia Berlusconi avrebbe pagato a “cosa nostra” tra 50 e 250 milioni di lire all’anno. Fatti che sono ancora all’attenzione della magistratura così come le prime, parziali e contraddittorie, rivelazioni del boss Giuseppe Graviano.

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