giovedì 14 maggio 2009
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Tutto in una frase. «Siamo se­riamente preoccupati» di­cono alla Comunità di Sant’Egidio: per le nuove norme che stanno arrivando sull’immi­grazione (che «rendono quasi im­possibile l’integrazione»), per i re­spingimenti in acque internazio­nali («che non rispondono a nor­me italiane né internazionali») e, soprattutto, «per questa idea di fondo molto negativa sull’immigrazione, qua­si di criminalizzazione». E del resto sottolinea il vescovo di Palestrina Domenico Sigalini, se­gretario della commissione episcopale Cei per le migrazioni, «l’accoglienza non è di destra né di sinistra, ma di tutti», mentre «la famiglia va sempre salvaguardata, così come il diritto alla salute». La posizione della Chiesa non a caso sull’immigrazione è per «l’accoglienza coniugata con la si­curezza ». Ma «quan­do queste entrano in conflitto – aggiunge Sigalini – bisogna se­dersi attorno a un ta­volo e chiarirsi senza sparare su un ipote­si piuttosto che un’altra e cercare possibili soluzioni che secondo la Chiesa dovrebbero orientarsi verso i valori cristiani». Marco Impagliazzo, presidente della Comu­nità di Sant’Egidio, è pacato, ma fermo: «Le nostre proposte non sono contro questo go­verno », spiega. Il problema è che, ad esempio, «secondo quanto stabilisce la Bossi-Fini il re­spingimento è un provvedimento individuale che avviene dopo l’identificazione del mi­grante – spiega Impagliaz­zo –. Ci troviamo quindi di fronte a un ministro che non rispetta una legge del­lo Stato italiano». Ecco perché sono preoccupati: «Fra l’altro via mare arriva una minoranza degli im­migrati irregolari, solo il 15% del totale, e da Paesi come Nigeria, Somalia, E­ritrea, Egitto e Algeria, dove cioè le condizioni politiche e religiose sono molto difficili». Quanto a casa nostra e alle leggi che potreb­bero venire, la Comunità di Sant’Egidio chie­de che il Senato cancelli almeno tre possibili novità. Quella che prolungherebbe da 2 a 6 mesi la permanenza degli immigrati nei cen­tri di identificazione ed espulsione. Quella che renderebbe difficile sposarsi per chi non ha permesso di soggiorno. E quella sulla necessità di esi­bire i documenti di sog­giorno alle autorità pubbli­che per ogni atto civile. Preoccupazione ce n’è poi anche in Caritas: «Siamo in­terdetti e preoccupati – fa sapere il responsabile im­migrazione, Olivero Forti – dai contenuti delle norme che vanno a detrimento non solo di persone oggi svantaggiate come lo sono molti immi­grati ma anche dell’intera collettività». Ed an­che il 'Movimento ecclesiale di impegno cul­turale' (Meic) chiede soluzioni diplomatiche contro la tratta di clandestini e per salvaguar­dare la dignità delle persone, augurandosi che l’Europa «cambi atteggiamento e si faccia ca­rico del problema». Spiega il presidente, Car­lo Cirotto, che «non è pensabile di accogliere indiscriminatamente tutti coloro che appro­dano sulle nostre coste», però una chiusura totale «è sbagliata», specialmente tenendo con­to che la Libia, dove vengono ricondotte le im­barcazioni, è «Paese che non mostra sensibi­lità per i diritti umani». Lo stesso direttore dell’Ufficio per la pastora­le degli immigrati della Cei, padre Gianroma­no Gnesotto, esprime «forte preoccupazione» per le misure del pacchetto, specie quelle che farebbero emergere, secondo alcune inter­pretazioni, la possibilità di «bambini invisibi­li » per le difficoltà del riconoscimento di figli nati in Italia da madri senza passaporto. Una richiesta arriva infine dal vescovo di Vicenza, monsignor Cesare Nosiglia: «Il clima generale deve cambiare. Ci sia più serenità, più positi­vità, le diversità vengano finalmente valoriz­zate ». ( P.Cio.) Sigalini: accoglienza coniugata con la sicurezza Nosiglia: valorizzare le diversità. Sant’Egidio: non si può criminalizzare l’immigrazione
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