lunedì 24 febbraio 2014
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Entra "in punta di piedi" per la prima volta nell’aula del Senato, ma l’obiettivo – lo dichiara di lì a qualche istante – è quello di menar fendenti proprio a chi lo ascolta. Matteo Renzi arriva a Palazzo Madama e resta affascinato dalla "storia" e la solennità della più alta Camera, ma agli stessi appartenenti chiede nel giro di poco l’estremo sacrificio: la riforma che abolisce il bicameralismo perfetto. "Vorrei essere l’ultimo presidente del Consiglio che si trova in questi banchi a chiedere la fiducia". Il primo che non ha neanche l’età per essere eletto senatore, nota, in uno dei suoi ripetuti riferimenti alla "generazione Ersasmus", la sua, che questa volta ha osato e con "coraggio" si sta riprendendo il Paese. Il neo-premier ha al suo fianco la squadra giovane e snella. E dialoga con l’assemblea nel suo linguaggio diretto, immediato, da sindaco d’Italia. Il leader del Pd veste ancora i panni dell’amministratore locale: ha solo allargato il suo orizzonte. Ripete di guardare ai "mercati rionali" prima che a quelli "finanziari". Quella che racconta è la "vita reale", usando esempi già riportati in questi giorni, ma diretti e immediati. Da marito di un’insegnante, il presidente del Consiglio mette la scuola al centro dei suoi pensieri. E parla come chi sa quali sono i problemi degli studenti e dei loro genitori, dei professori e di quelle mamme che "hanno difficoltà a conciliare i tempi" e finiscono per ingrossare le file delle disoccupate. Il suo è uno stile nuovo, un tentativo di riallacciare quel rapporto interrotto tra politica e cittadini, allo scopo di far innamorare gli elettori della politica e di riconquistare la loro fiducia. E al Parlamento, che gli elettori rappresenta,  chiede la fiducia  su un’agenda che parte da adesso e finisce nel 2018, per "un cambiamento radicale". Tre le priorità: "Lo sblocco totale dei debiti della Pubblica amministrazione" con l’intervento della cassa depositi e prestiti, "la costituzione di un fondo di garanzia per le piccole e medie imprese che non riescono ad accedere al credito" e "la riduzione a doppia cifra del cuneo fiscale che dia risultati già in questi primi mesi del 2014". Tra i nodi, però, anche la giustizia. Renzi chiede un "pacchetto organico", che superi "i venti anni di scontro ideologico". Al Senato, ancora, ripete la tabella di marcia per le riforme istituzionali: Italicum (la legge elettorale avviata a Montecitorio), Titolo V e abolizione della seconda Camera elettiva. Problemi tutti italiani, ma di un’Italia a pieno titolo fondatrice dell’Europa. Renzi  si muove "nella tradizione europea e europeista". Il premier non lo cita, ma fa riferimento ad Altiero Spinelli. E rompe quell’immagine negativa che fa avvertire al Paese l’Europa come un giogo pesante. Non è la signora Merkel o Mario Draghi a chiedere di rimettere a posto i conti pubblici, "ma è il rispetto nei nostri figli", dice. Le carte sono sul tavolo. Il capo del governo ha fretta di agire. "Il nostro è un governo politico", dice, rendendo omaggio a quello del suo predecessore Enrico Letta. Ma proprio per questo ci saranno anche punti politici all’ordine del giorno: lo ius soli e i diritti civili. "Dovremo fare lo sforzo di ascoltarci e trovare un compromesso".
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