mercoledì 11 novembre 2009
L’inchiesta sulla polizia penitenziaria è partita dopo il racconto di un altro recluso che avrebbe assistito al pestaggio nei sotterranei del tribunale. Il sottosegretario Giovanardi si è scusato con la famiglia. Il padre e la sorella del ragazzo morto hanno visitato ieri il palazzo di Giustizia di Roma.
COMMENTA E CONDIVIDI
Gli indagati per la morte di Stefano Cucchi sono due o tre. C’è riserbo sui nomi di chi è finito nel registro della procura di Roma per omicidio preterintenzionale. Né trapelano le loro qualifiche. Ma, dopo la testimonianza del detenuto immigrato che avrebbe visto il pestaggio, il cerchio pare stringersi soprattutto intorno agli agenti di custodia.Per arrivare più celermente alla verità, ieri gli inquirenti hanno disposto nuovi accertamenti medico-legali e la riesumazione della salma del 31enne geometra morto, dopo una settimana di detenzione e ricovero, in circostanze oscure. Arrivano, infine, anche le scuse alla famiglia del sottosegretario Carlo Giovanardi. Vengono accolte dal legale di famiglia, ma non sono sufficienti a placare la polemica politica. Tanto che interviene la pari grado del Welfare Eugenia Roccella, parlando di insistenza «strumentale».Ma a tenere banco ieri è stata la ricerca di riscontri alle parole dell’uomo incarcerato per gli stessi reati di Cucchi, che avrebbe visto dallo spioncino le botte, quando il compagno di disavventura veniva riportato in cella dal bagno. E ne avrebbe raccolto le confidenze. È detenuto a Regina Coeli e gli inquirenti valutano se sottoporlo a protezione. Ma le ricostruzioni giornalistiche basate sulle sue dichiarazioni vengono rigettate dai sindacati degli agenti penitenziari. Leo Beneduci (Osapp) ridimensiona l’affermazione secondo cui il possesso delle chiavi incastrerebbe gli agenti. «A nessun agente sarebbe mai venuto in mente di accompagnare in bagno un arrestato sotto la responsabilità di un’altra forza di polizia», in questo caso i carabinieri. Ci si limita ad aprire. Anche sulla possibilità che il pestaggio sia stato visto dalla cella "di fronte" Beneduci è categorico: «Sono tutte sullo stesso lato». Anche Donato Capece (Sappe) è sicuro che gli agenti abbiano «lavorato come sempre nel pieno rispetto delle leggi».A visitare il tribunale sono stati ieri il padre e la sorella di Cucchi, accompagnati dal senatore dell’Idv Stefano Pedica. Ma non ce l’hanno fatta a seguirlo fin nel sotterraneo delle celle. «Un grande dolore» è stato per papà Giovanni tornare nel luogo dove ha visto per l’ultima volta il figlio. Il dipietrista conferma che il corridoio non è compatibile con la ricostruzione dei giornali: troppo stretto. «Ma si può sentire tutto», sottolinea. E le percosse non è detto siano avvenute proprio lì. L’eventualità di un fatto del genere nella cittadella giudiziaria è «spaventosa», ha detto il presidente del tribunale, Paolo De Fiore, accompagnando i tre. De Fiore ha anche chiesto l’apertura di una struttura medica permanente che accerti lo stato di salute dei detenuti all’ingresso. Su quello di Cucchi vuole vederci più chiaro anche il senatore Ignazio Marino, presidente della Commissione di inchiesta sul servizio sanitario nazionale, che conduce un’"istruttoria" di tipo medico. E punta il dito sulle «discrepanze» tra medici del tribunale e di Regina Coeli, da un lato, e del Fatenebefratelli dall’altro. I primi hanno visto ecchimosi e tumefazioni che il giorno dopo per i secondi erano lievi segni sottocutanei e sotto le orbite. Oggi saranno sentiti i sanitari del Pertini, l’ospedale dove il giovane è morto.
© Riproduzione riservata
COMMENTA E CONDIVIDI

ARGOMENTI: