mercoledì 16 gennaio 2013
​«Non fu avvisato di essere a rischio». Oggi in aula la conclusione dell'esame dei medici dell'istituto Labanof di Milano e del controesame dei legali della famiglia e delle difese del giovane arrestato nel 2009 per droga e morto dopo una settimana.
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​"I medici del Pertini non trattando il paziente in maniera adeguata ne hanno determinato il decesso" dunque "l'evento morte era prevedibile". Lo ha sostenuto il professore Luigi Barana, uno dei periti incaricati dalla III Corte d'assise di Roma di stabilire le cause della morte di Stefano Cucchi.Stefano Cucchi, arrestato il 15 ottobre 2009 per droga, morì una settimana dopo all'ospedale Sandro Pertini di Roma. Oggi in aula la conclusione dell'esame dei periti (sei medici dell'istituto Labanof di Milano) e dal controesame dei legali della famiglia e delle difese. "I medici - ha detto Marco Grandi, a capo del pool di esperti - non hanno saputo individuare il quadro patologico. Hanno avuto una condotta colposa a titolo di imperizia o negligenza, quando non di mancata osservanza delle disposizioni codificate".  Stefano Cucchi non fu avvisato dai medici che se continuava a digiunare era a rischio vita. "Non fu informato sul suo stato di salute, sulla prognosi a breve infausta nel caso lui avesse persistito nel rifiutare cibo e liquidi", ha detto in aula il perito Marco Grandi. I tecnici milanesi si sono soffermati anche sul tema della regolarità della documentazione sanitaria redatta e tenuta in ospedale ("Ci sono carenze nella cartella clinica. Non c'è registrazione del peso, della temperatura corporea, della frequenza cardiaca e anche una confusa registrazione della diuresi"), ma anche sul quesito a loro posto riferito alla correttezza della terapia effettuata e delle informazioni date al paziente. "Secondo noi - ha detto il professore Grandi - i medici del Pertini mai si sono resi conto di essere di fronte a un caso d'importante malnutrizione; non hanno monitorato il paziente sotto questo profilo nè hanno chiesto l'intervento di specialisti. In secondo luogo, poi, hanno dato scarsa attenzione all'esame obiettivo del paziente, e non lo hanno informato sul suo stato di salute".All'ingresso al Pertini il giovane "aveva uno stato di denutrizione importante che, visto la sua volontà di digiunare e di astenersi dall'ingerire liquidi, doveva immediatamente allertare i medici. Anche pochi giorni di ulteriore astensione da alimenti e liquidi costituiva rischio concreto di un irreversibile aggravamento delle sue condizioni". Cosa diversa per gli infermieri ai quali "nessuno dei sanitari diede indicazioni sul da farsi".Sotto processo ci sono sei medici, tre infermieri e tre agenti penitenziari, a vario titolo e a seconda delle posizioni accusati di favoreggiamento, abbandono d'incapace, abuso d'ufficio, falsità ideologica, lesioni ed abuso di autorità.
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