mercoledì 12 giugno 2013
La prima Commissione avvia la procedura per il trasferimento del procuratore della Repubblica di Palermo. In dubbio «piena indipendenza e imparzialità». Il fondatore di Rivoluzione civile sui condizionamenti: «Paradossale».
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Un "difetto di coordinamento" all'interno della Procura, la cui "conseguenza" sarebbe stata la mancata cattura del latitante Matteo Messina Denaro". È quanto si legge in uno dei passaggi del documento del Csm sull'avvio della procedura di trasferimento d'ufficio del procuratore capo di Palermo, Francesco Messineo. Messineo, secondo il Csm, "ha disatteso le prescrizioni del suo stesso progetto organizzativo, non provvedendo a favorire quella circolazione delle informazioni che, con particolare riferimento alle indagini di Dda, è strumento indispensabile per raggiungere risultati significativi". Dalle audizioni svolte al Csm è emerso che "le notizie relative a importanti indagini gestite da alcuni procuratori aggiunti venissero apprese dai loro stessi colleghi dai giornali e non invece conosciute nel corso delle riunioni che avrebbero dovuto essere tenute periodicamente". In particolare, nel corso delle audizioni è stato detto che le riunioni sul procedimento Stato-Mafia "erano state due in sei mesi, quando sene sarebbero dovute disporre una ogni quindici giorni" e  che "l'aggiunto Ingroia e il sostituto Di Matteo non gradivano dette riunioni". A Messineo, poi, il Csm 'contestà anche il "mancato adempimento dei suoi doveri di vigilanza in relazione ai rapporti con la stampa di alcuni magistrati del suo ufficio". La prima commissione del Csm, quindi, ritiene che Messineo "non possa continuare a esercitare con piena indipendenza e imparzialità le funzioni di procuratore della Repubblica di Palermo", poichè questi requisiti "non attengono soltanto alle funzioni strettamente giudiziarie", ma anche alla capacità del capo della procura di "gestire l'ufficio e le sue delicate dinamiche, senza alcun condizionamento oggettivo o soggettivo, interno o esterno"«Condizionamento da Ingroia». Alla procura di Palermo c'era il "sospetto" che il capo Francesco Messineo "avesse perso piena indipendenza"nei confronti di Antonio Ingroia  o che ci fosse comunque con lui un "rapporto privilegiato" ("peraltro successivamente ammesso" dal diretto interessato) che avrebbe determinato un suo "condizionamento". Così il Csm nell' incolpazione, che in questo quadro inserisce anche il fatto che Ingroia tenne per 5 mesi le intercettazioni che riguardavano Messineo, prima di trasmetterle a Caltanissetta.Le intercettazioni in questione, che poi hanno dato luogo all'indagine della procura di Caltanissetta a carico di Messineo archiviata oggi dal gip,risalgono al giugno 2012 e furono "conosciute dal dott. Ingroia presumibilmente sin da allora", nota il Csm; tuttavia la Procura di Caltanissetta venne "informata soltanto nel novembre 2012, ovvero soltanto pochi giorni prima" che Ingroia "lasciasse l'incarico di aggiunto presso la procura di Palermo"È paradossale - ha subito replicato Ingroia, oggi procuratore ad Aosta - non ho condizionato nessuno nè ho tenuto nel cassetto alcunché, come dimostra il fatto che il cognato di Messineo è stato rinviato a giudizio proprio su mia richiesta".

«Criteri non sempre coerenti». Il procuratore di Palermo, inoltre, invitò il suo sostituto Verzera che indagava per usura bancaria a "soprassedere, in attesa di ulteriori acquisizioni" all'iscrizione nel registro degli indagati dell'allora direttore di Banca Nuova Francesco Maiolini, a lui legato da "rapporti di amicizia". Rapporti continuati anche durante l'indagine della procura di Palermo e così consolidati che Messineo in passato aveva chiesto e ottenuto da Maiolini "un posto di lavoro per suo figlio". Lo scrive il Csm nell'incolpazione.Palazzo dei Marescialli, poi, non manca di ricordare i procedimenti, tuttora pendenti, riguardanti il fratello e il cognato di Messineo, sottolineando come il capo della procura siciliana, nell'uso dell'istituto dell'astensione, "non abbia sempre seguito criteri coerenti e nitidamente individuabili". Si fa anche riferimento alla inchiesta, oggi archiviata, della procura di Caltanissetta, che era stata aperta nei confronti di Messineo per rivelazione disegreto d'ufficio: "alcune relazioni con soggetti titolari del potere economico e politico locale - si legge nel documento del Csm - pur senza integrare forme di illecito, sembrano caratterizzate da modalità improprie o comunque inopportune per un procuratore della Repubblica"

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