lunedì 10 febbraio 2025
La banda chiedeva soldi per liberare giornalisti in ostaggio, ma non era vero. Dopo Moratti anche le famiglie Aleotti e Beretta si rivolgono ai pm. Il ministro: sono professionisti, pronta la denuncia
La truffa a nome di Crosetto: ecco come funzionava

Ansa

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La storia oramai è nota: il nome del ministro della Difesa Guido Crosetto è stato usato per mettere a segno una truffa a grandi imprenditori tra cui Marco Tronchetti Provera, Diego Della Valle, Giorgio Armani, Patrizio Bertelli, le famiglie Caltagirone e Del Vecchio. Un lungo elenco di nomi di successo a cui nei giorni scorsi sono state chieste cifre da capogiro per liberare fantomatici giornalisti rapiti in Medio Oriente. Ora il ministro è pronto a reagire. «La mia denuncia è già pronta», ha spiegato svelando per primo il raggiro, ha messo in guardia molte persone ed evitato loro di cadere in trappola. Il caso giudiziario, di cui pure lui è vittima di sostituzione di persona, è partito infatti con l'apertura di una inchiesta in Procura a Milano, grazie alla sua segnalazione. Tutto è iniziato martedì scorso con la chiamata di un amico, grande imprenditore, «che mi chiede perché la mia segreteria avesse chiamato la sua per avere il suo cellulare - ha spiegato lo stesso Crosetto nei giorni scorsi - Gli dico che era assurdo, avendolo io, e che era impossibile. Verifico per sicurezza e mi confermano che nessuno lo ha cercato...». Nei giorni successivi continuano episodi simili, con la notizia anche di un altro imprenditore che ha fatto un bonifico - circa un milione di euro - ad un conto su richiesta proprio del ministro e di un sedicente generale. Una truffa ripetuta anche altre volte, a giudicare dalle denunce pervenute alla Procura di Milano. In attesa che il titolare della Difesa depositi l'esposto e renda eventualmente la sua deposizione al pm milanese Giovanni Tarzia, titolare dell'indagine assieme al procuratore Marcello Viola, - al momento «non c'è appuntamento che io sappia», ha aggiunto Crosetto -, proseguono gli accertamenti dei magistrati. Verifiche sono in corso su un elenco che inquirenti e investigatori hanno in mano con i nomi di tutti coloro che sarebbero stati chiamati per quella che i truffatori hanno cercato di spacciare come una «questione urgentissima» che riguarda la «sicurezza nazionale». Dall'altra parte del telefono una voce, che si ritiene non sia stata riprodotta dall'intelligenza artificiale, molto simile a quella del responsabile della Difesa o di una persona che si spaccia per componente del suo staff, per dirigente del ministero, che racconta di inesistenti giornalisti rapiti in Iran, Siria e comunque in zone pericolose e chiede un aiuto per pagare riscatti milionari con garanzia di restituzione. Si domanda un bonifico da versare su conti esteri, anche a Hong Kong.

Poiché in un caso il colpo è andato a buon fine, inquirenti e investigatori stanno battendo la pista del denaro, rincorrendo i flussi che portano all'estero, in Europa per poi svanire forse in qualche paradiso fiscale. In più, per riuscire nella missione quasi impossibile di bloccare il milione finora indebitamente rastrellato, hanno attivato tutti i canali di cooperazione internazionale.
Il meccanismo, è l'ipotesi, sarebbe stato congegnato sfruttando il recente caso di Cecilia Sala e avrebbe avuto come obiettivo solamente industriali e professionisti con determinate caratteristiche e un certo target. E intanto Crosetto insiste: «Questi sono professionisti della truffa che evidentemente hanno sia la tecnologia sia la capacità di individuare i soggetti. In questo caso hanno individuato i maggiori imprenditori italiani, hanno individuato delle persone che magari alla richiesta di un ministro erano anche disponibili per l'Italia, per l'amore che hanno per l'Italia, a fare un bonifico».

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